mercoledì 14 ottobre 2015

Coldiretti, mani agromafie su appalti mense scuola da 1,3 mld

Sugli appalti delle mense scolastiche che fatturano 1,3 miliardi all'anno si allunga l'ombra delle agromafie, mettendo peraltro a rischio la salute a l'alimentazione di due milioni di bambini tra i 3 ed i 10 anni. E' quanto emerge nell'incontro "Corruzione e Agromafie" promosso dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e da Gian Carlo Caselli, presidente del Comitato scientifico "Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare".
Un pericolo di grande attualità - sottolinea Moncalvo -, come dimostra l'apertura quest'autunno della maxi-inchiesta sulla fornitura di pasti in scuole elementari e materne delle provincia di Napoli, Avellino e Salerno, con 17 misure cautelari nei confronti di imprenditori e amministratori pubblici per attivita' di dossieraggio per sbaragliare la concorrenza e cibo di qualita' scadente, talvolta avariato. Si tratta in realtà - aggiunge Moncalvo - solo dell'ultimo della lunga serie di episodi che riguarda l'insieme degli appalti pubblici per la ristorazione, dalle scuole agli ospedali fino agli immigrati come hanno dimostrato le recenti cronache di Mafia Capitale.
"Si tratta di un crimine particolarmente odioso poiché ai danni provocati al sistema economico ed all'occupazione si aggiungono i pericoli per la salute in una fase delicata della crescita", afferma il presidente della Coldiretti riportando i dati dell'indagine Coldiretti/Ixè secondo cui un italiano su cinque (20 per cento) ha una valutazione negativa dei pasti serviti nelle mense scolastiche di figli o nipoti, mentre il 42 per cento la ritiene appena sufficiente.

In questo contesto la Coldiretti denuncia il ritardo applicativo degli appalti verdi previsti per le mense di scuole e ospedali gestite dalla pubblica amministrazione che devono garantire solo frutta e verdura di stagione, almeno il 25 per cento di prodotti a denominazione di origine (IGP e DOP), almeno il 15 per cento di carne biologica, mentre almeno il 20 per cento del pesce deve provenire da acquacoltura bio.

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