lunedì 11 luglio 2016

Risparmio di costi e terreno grazie alla canna comune

La digestione anaerobica è oggi un processo diffuso in tutta Europa che vede Germania, Gran Bretagna e Italia come i principali attori. L’Italia è il terzo produttore di biogas con una quantità di energia generata pari a 21.113 GW.
Il sistema di incentivazione, che ha determinato un forte sviluppo del settore negli ultimi 8 anni, vede ora un forte rallentamento dovuto alla riduzione dei contributi statali e all’incertezza legislativa con particolare riferimento al biometano. In aggiunta, il basso costo delle fonti energetiche fossili rischia di rendere il settore della digestione anaerobica ulteriormente meno competitivo.
In un tale contesto, la sopravvivenza del settore biogas, come più volte riportato anche dalle pagine di questo giornale (TV n. 17-2016), non deve basarsi esclusivamente sulla logica dell’incentivazione ma deve necessariamente considerare la riduzione dei costi di produzione del biogas/biometano, per rendere il biogas competitivo “a prescindere” dalle politiche energetiche e di incentivazione.
Circa il 30-35% del costo di produzione del biogas è imputabile alla produzione e all’impiego di colture energetiche (es. mais), necessarie queste per impianti “grandi” (1 MW) perché contribuiscono per almeno il 70% alla produzione di metano di un impianto agricolo.
La riduzione del costo della coltura energetica diviene un fattore determinante per poter proporre impianti di grande dimensione, sostenibili dal punto di vista economico.
In questo scenario si colloca l’Arundo donax L. o canna comune, una pianta erbacea che negli ultimi anni sta suscitando un grande interesse nella comunità scientifica e non solo, per il suo sfruttamento a livello energetico e industriale. Arundo donaxè una pianta perenne erbacea rizomatosa ampiamente diffusa in tutti i continenti e su tutto il territorio italiano. Data la sua rusticità e resistenza, essa è in grado di svilupparsi e crescere in condizioni pedoclimatiche molto differenti. L’attenzione per questa coltura trova giustificazione nella notevole quantità di biomassa prodotta (tab. 1), nella sua resistenza ai diversi stress abiotici e biotici, nella multifunzionalità del suo impiego per scopi energetici, nel ridotto numero di interventi agronomici (fertilizzanti, anticrittogamici e apporti idrici) e conseguentemente nei costi molto competitivi (700-100 €/ha) rispetto alle più tradizionali colture energetiche come il mais (1.800-2.100€/ha).

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