martedì 11 ottobre 2016

Il goji fa bene alla salute e al portafogli dell'agricoltore

Non richiede particolari investimenti e il prezzo elevato al dettaglio ne fa una coltura da reddito. Ecco tutto quello che c'è da sapere per avviare un impianto: guarda le testimonianze di chi lo coltiva.
Delle bacche di goji fino a qualche anno fa non se ne sentiva parlare. Poi questo frutto orientale, originario della Mongolia, è diventato di moda nel jet set di Hollywood e in poco tempo anche in Europa la sua assunzione si è diffusa.
Le bacche di goji sono infatti ricche di antiossidanti, in percentuali superiori rispetto ai nostrani 'frutti di bosco'. Le chiamano 'bacche della eterna giovinezza' o 'superfrutti'. Ma al di là delle loro proprietà nutritive, molto del loro successo è dovuto alla moda.

Non per questo l'agricoltore in cerca di colture da reddito dovrebbe sottovalutare questa pianta. Se fino ad oggi le bacche essiccate venivano prodotte in Cina ed importate in Europa, ora sempre più agricoltori nostrani si stanno avvicinando a questo arbusto.
Il prezzo del prodotto essiccato varia molto, ma in media si aggira sui 5 euro all'etto. Mentre il prodotto fresco oscilla tra i 4 e i 6 euro. Se si conta che una pianta produce fino a 15 chili all'anno è facile capirne la redditività.

"Ho notato un crescente interesse da parte degli agricoltori per questa pianta. Nel giro di 5-6 anni il mio vivaio che produce goji da oltre un decennio è passato dal preparare 50 piante annue a 50mila", spiega ad AgroNotizie Valerio Gallerati, del Vivaio Vita verde.
"Dal punto di vista agronomico, per un agricoltore esperto, il goji rappresenta una pianta molto facile da coltivare. Dal punto di vista economico è una opportunità ghiotta da cogliere al volo, ora che va per la maggiore.
Ma consiglio di affrontare la coltivazione del goji solo se si ha la forza di far valere il prodotto che si produce, che deve essere retribuito bene, non alla stregua dei prodotti agricoli italiani classici che, seppur di altissima qualità, vengono malpagati o distrutti perché invenduti".

Il goji è un arbusto selvatico diffuso in Mongolia, Cina e Tibet. Da secoli fa parte della medicina tradizionale cinese dove viene descritto come una pianta i cui frutti hanno straordinari effetti sul corpo umano: dalla tonicità muscolare alla vita sessuale.
Esistono circa 80 specie, ma le più usate sono due: il Lycium barbarum e il Lycium chinense. A distinguerle sono le foglie (quelle del primo sono strette) e la forma dei lobi della corolla.

Chi vuole impiantare una coltivazione deve prestare la massima attenzione perché "l'unico frutto mangiabile fresco è il Lycium barbarum, che è dolce e di consistenza succoso-polposa. E' anche il solo che può essere disidratato e venduto secco, perchè l'altro si riduce a buccia e semi. Il Lycium chinense è di sapore sgradevole e consistenza acquosa e come frutto non viene commercializzato in nessuna parte del mondo".

"Ho iniziato a pensare alle bacche di goji quando, dopo aver partecipato ad una fiera in cui se ne parlava, ho scoperto che nella mia via molte persone ne consumavano ogni giorno 20 grammi", spiega ad AgroNotizie Franco Zuttioni, agricoltore friulano che ha deciso di dedicare una parte del suo terreno alla coltura del goji: 150 piante con un sesto di impianto di 1,70x3,50.
"La mia idea non è quella di dedicarmi solo al goji, ma usarlo come integrazione di reddito accanto a colture tradizionali, come il mais, o innovative, come il bambù".

Le bacche di goji sono fusiformi, di colore rosso intenso, lunghe 0,6-2 centimetri e dal diametro di circa 0,3-0,8 centimetri. La pianta può raggiungere i 3 metri di altezza e ha la tendenza ad incespuglirsi, assumendo la forma di rovo.
Vive bene in ambienti temperati, ma resiste anche a temperature di 15 gradi sotto zero.
E' una pianta rustica, che non ha bisogno di particolari cure, ma teme i ristagni di acqua. Gli unici parassiti che possono mettere a rischio la produzione, sono i molluschi terrestri (lumache e chiocciole) capaci di mangiare in poco tempo l'intera chioma.

Trovare le piante di Lycium barbarum ormai non è più una impresa. Molti vivaisti vendono questa pianta ma bisogna prestare la massima attenzione alla qualità genetica: alle caratteristiche di produttività e resistenza.
Se è possibile partire dai semi, la via più semplice è acquistare piante di 1-2 anni, utilizzando poi i rami potati successivamente dagli esemplari più produttivi per avere talee con cui estendere la produzione. I rami da talea devono essere recisi tra fine agosto ed inizio ottobre, facendo attenzione che nella parte che si interra ci siano almeno due nodi e che nella parte superiore ci siano almeno quattro foglie.

La potatura è uno degli elementi cruciali per chi vuole produrre bacche di goji. La pianta ha infatti la tendenza ad incespuglirsi, con la crescita di rami che trasformano l'arbusto in un rovo, rendendo quasi impossibile raccogliere i frutti. Per questo bisogna fare la massima attenzione alla forma di allevamento.

In Cina, dove il goji si coltiva da centinaia di anni, si fa crescere il fusto e a 60-80 centimetri da terra si sviluppano i primi palchi, da cui poi ogni anno si origineranno i nuovi capi a frutto. Mezzo metro più in alto ci saranno i palchi successivi e così via, fino all'altezza massima della pianta.

"Ho comprato dal vivaista le piantine e ho dedicato il primo anno alla costruzione dei palchi in modo da avere una forma di allevamento che mi permettesse una raccolta agevole delle bacche", spiega Zuttioni.
"Le piante adesso hanno due anni e hanno già fatto i primi frutti, ma i volumi sono ancora molto bassi. A partire dall'anno prossimo avrò il primo raccolto commercializzabile e tra 3-5 anni saremo in piena produzione".
La pianta di goji non ha bisogno di particolari cure. Predilige terreni ben drenati e neutri, tendenti al basico (pH 6.5-8.7). E' necessario provvedere all'irrigazione durante i primi 2-3 anni di vita in modo da favorirne la crescita, successivamente si potrà anche sospendere a meno di interventi di emergenza. Tuttavia i vivaisti consigliano di continuare con l'irrigazione a goccia per avere rese al top.
Tra febbraio e marzo è bene concimare il terreno, senza esagerare però con la componente azotata. Da luglio ad ottobre-novembre invece si possono raccogliere le bacche. Mentre tra novembre e gennaio è il momento giusto per la potatura.

Il goji fruttifica in maniera continuativa da luglio ad ottobre-novembre, per cui si ha prodotto sempre fresco da vendere. Se infatti il goji importato dalla Cina è essiccato, chi produce in Italia può vendere le bacche fresche, le cui proprietà nutraceutiche sono migliori. Non esiste un mercato di riferimento e i coltivatori come Zuttioni si affidano alle conoscenze personali, ai rivenditori locali oppure al web.
I prezzi medi si attestano sui 5 euro all'etto e una pianta produce in media cinque chili (ma può arrivare a tre volte tanto) per un ricavo complessivo di 250euro a pianta, al netto degli input produttivi.

Uno degli elementi da tenere in considerazione prima di lasciarsi prendere dall'entusiasmo, è il tempo necessario alla raccolta. Il goji infatti produce le bacche durante 4-5 mesi (da luglio a novembre, a seconda del clima) e richiede dunque una attenzione costante per cogliere le bacche quando sono mature.

Tradizionalmente la raccolta viene effettuata a mano e richiede molto tempo, anche se sul mercato ci sono dei raccoglitori automatici costruiti in Cina ad un prezzo basso, intorno ai 200 euro.

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