martedì 4 ottobre 2016

Vino, al top l'export made in Italy sui mercati terzi

Nel 2015 grande performance per il mercato russo, seguito a ruota da Stati Uniti e Norvegia. Il prodotto italiano sui mercati extra Ue ha superato in valore quello sui mercati comunitari.
Il vino made in Italy è sempre più forte sui mercati dei paesi terzi, dove l’export rappresenta il 56% del valore totale del vino italiano.

Secondo l’analisi dall’Osservatorio di Business Strategies e Nomisma Wine Monitor, che ha studiato i dati import delle dogane confrontandoli con le statistiche di Istat ed Eurostat, la richiesta di vino italiano dai paesi extra Ue ha superato per la prima volta la domanda comunitaria di vino, per un valore di 3 miliardi di euro, sui 5,35 totali di fatturato di export da vino.

Se si prendono in considerazione i primi sette paesi buyer (Usa, Svizzera, Canada, Russia, Giappone, Norvegia e Cina), a fronte di trend più o meno invariati, i dati delle dogane registrano valori acquistati in crescita del 20%, per un controvalore totale di +461 milioni di euro. Il risultato migliore è quello sul mercato russo, con una crescita dell’import di vino made in Italy del 154%, passando da 71 a 181 milioni di euro di prodotto italiano importato. Cresce anche l’import del mercato Usa (+21%), mentre fa ancora meglio un mercato potenzialmente davvero interessante, la Norvegia, con un importante +32,2%.

“Questi dati confermano la vivacità della domande del nostro vino nel mondo, in particolare sui mercati terzi – sottolinea Silvana Ballotta, ceo di Business Strategies, società di consulenza per l’internazionalizzazione del vino – Grazie all’attività di promozione, realizzata da 9 anni anche attraverso gli strumenti comunitari dell’Ocm, le nostre esportazioni extra Ue sono passate dal 2007 al 2015 dal 49% al 56%, rappresentando ora attualmente la maggior parte delle vendite di vino italiano all’estero”.


“La differenza tra i due sistemi di rilevazione deriva dal fatto che nel caso di Eurostat e Istat le merci riguardanti il commercio vengono registrati secondo una metodologia chiamata Intrastat – spiega Denis Pantini, responsabile di Wine Monitor Nomisma – In questo caso la differenza principale sta nel rilevare come paese di importazione quello di provenienza e non di origine, come invece le dogane”.

Nessun commento:

Posta un commento