mercoledì 21 dicembre 2016

Mani di Sardegna

Le condizioni di vita e di lavoro dei contadini e dei pastori sardi hanno subìto profonde mutazioni proprio in quel periodo: mentre l'agricoltura ha pagato il prezzo della rapida industrializzazione con una crisi ed un malessere che si sono espressi nel massiccio esodo dalle campagne e nella fatica a reimmettervi la manodopera, mentre l'artigianato ha dimostrato una sorprendente vitalità produttiva  che potrebbe ricavare nuovi stimoli dalla rivalutazione di Antichi Mestieri dei quali la nostra tradizione rischia di perdere anche memoria.
Ma se risulta vero che le novità significative dell'economia e della società sarda sono da ricercarsi nella storia recente, ciò non esime dall'obbligo di risalire agli inizi dell'800 per afferrare quali siano le motivazioni dell'eterna situazione di stallo in cui esse si ritrovano.
Bisogna cioè risalire alla legge delle Chiudende e all'abolizione dei feudi, tra il 1820 ed il 1836, ed alla nascita, alla fine dell'800, dell'industria lattiero casearia.  Momenti storici che hanno inciso profondamente, secondo gli studiosi, sui lineamenti di agricoltura e pastorizia, sulle tecniche di produzione, sui rapporti sociali e addirittura sui costumi e la mentalità.
Con ciò non si vuole sostenere che le condizioni di vita dei contadini e pastori siano rimaste immobili per millenni. Tutt'altro. Si vuole solo ribadire che le innovazioni "tecnologiche", soprattutto degli ultimi decenni, hanno condizionato profondamente la fisionomia dell'agricoltura, della pastorizia, e di alcuni Antichi Mestieri, decretando la fine di un'epoca millenaria e introducendo nel contempo la meccanizzazione, il che, di riflesso, ha determinato – ad esempio – la fine dell'utilizzo di animali da lavoro e la dismissione di attrezzi unici nel loro genere per la lavorazione di molti prodotti.
In special modo nel settore agricolo, addirittura, per la prima volta nella sua esistenza la nostra isola ha vissuto la trasformazione della vita produttiva contemporaneamente al resto dell'Europa, passando dall'aratro di legno all'aratro di ferro in agricoltura, dal sughero e dal legno al metallo nella pastorizia e dalle tecniche casearie che non prevedevano la cottura del latte ovino a quelle introdotte dai caseifici abruzzesi e laziali che invece la prevedevano. Partendo da questa considerazione di carattere generale, va poi espressa qualche differenziazione per la pastorizia.
In Sardegna l'uomo pastore ha acquisito nei secoli un'esperienza tramandata di generazione in generazione ma al contrario degli agricoltori ha subìto un processo di metamorfosi più rallentato. Solo poche aziende infatti dispongono di macchine per la mungitura automatica e pochi ancora sono i pastori che cedono alle tentazioni della modernità concedendo rifugi (peraltro solo di notte e di inverno) artificiali alle proprie greggi. D'inverno come d'estate, sui monti e nelle valli dell'isola, tende ancora a resistere la consuetudine di lasciare le greggi all'aperto o, al massimo dentro i cuiles, dei recinti appositamente realizzati con i tradizionali muretti a secco.
La pecora sarda, infatti, è in grado, per caratteristiche naturali di sfruttare terreni di ogni tipo: buoni e scadenti e riesce a insinuarsi grazie alla sua taglia fra i cespugli e tra le rocce alla ricerca del pascolo risultando resistente alle intemperie ed alle avversità atmosferiche e rimangono vivi costumi come quello delta transumanza e "riti" come quelli della tosatura e della mungitura, eseguiti con perizia fuori dal comune da quasi tutti i pastori dell'isola.
Per quanto attiene II lavoro degli agricoltori va detto che in diverse parti della Sardegna resiste una realtà rurale che solo da poco inizia positivamente a convivere con le esigenze di modernizzazione del comparto affrancando i contadini da condizioni di vita al limite del disumano.
L'uso delle macchine é molto diffuso nella raccolta delle olive, dell'uva, nell'estrazione delle patate. E persino i campi di ortaggi e foraggi vengono ormai arati da potenti trattori ed irrigati con pompe a motore semoventi.
L'artigianato, dopo la pastorizia e l'agricoltura rappresenta perô il comparto produttivo più interessante dell'isola. Buona parte delle imprese artigiane sarde (che offrono lavoro a circa quindicimila addetti) si occupa del fondamentale compito di mantenere vive le usanze e le tradizioni della Sardegna.

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