mercoledì 1 marzo 2017

Agricoltura di precisione, facciamo chiarezza

Ecco allora che entra in gioco il concetto di variabilità, che è il fenomeno sul quale oggi finalmente l’agricoltore può lavorare per tentare di correggerla a suo favore. Il chhe significa:

cercare di migliorare, ove è possibile, la produzione nelle zone meno fertili; e se non si riesce, conviene diminuire gli investimenti in mezzi tecnici;
ottenere ancora più produzione nelle zone più fertili, aumentando gradatamente gli input.
Tutto parte dalle mappe di produzione

Ma da dove si comincia? Dalle mappe di produzione, realizzate dalla mietitrebbia in fase di raccolta del prodotto dal campo, che certifica su una mappa colorata le produzioni ottenute zona per zona, facendo così identificare all’agricoltore con esattezza le aree dove si è prodotto di più e dove si è prodotto di meno.

Finalmente l’agricoltore, avendo a disposizione un dato produttivo sitospecifico, non ragiona più solo in termini di media di campo come ha fatto sino a oggi, bensì come produzione relativa alle diverse aree omogenee dei suoi appezzamenti. Da qui potrà incamminarsi verso le cosiddette “dosi variabili” di semente, concime e agrofarmaci.

Grazie alle mappe di prescrizione lette da seminatrice, spandiconcime e barra (ma solo se Isobus compatibili), l’agricoltore potrà dunque variare le dosi distribuite a seconda delle aree dell’appezzamento dotate di maggiore o minore fertilità.
Tutto ciò che è innovazione fatica a entrare nella mentalità degli agricoltori, ma per fortuna cresce la percentuale di imprenditori che sono convinti che l’innovazione tecnologica è l’unico strumento per riguadagnare in competitività.

Fonte: Il nuovo agricoltore

Autore: Roberto Bartolini

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