martedì 11 luglio 2017

Caporalato: ma il prodotto etico ha un mercato oppure no?

Dopo tanto dibatterne i pro, i contra, i limiti e gli aspetti migliorabili, la Legge contro il caporalato sta già mietendo le prime vittime, tra nomi più o meno eccellenti. A prescindere dal fatto che sia sacrosanto non sfruttare i lavoratori, quanto ci chiediamo oggi è se non sia altrettanto ingiusto sfruttare i produttori, cioè i fornitori di prodotti agricoli.

Quello che intendiamo domandarci è: laddove un'impresa agricola voglia attenersi, come giusto, a tutte le regole e voglia anzi certificare la propria organizzazione del lavoro e della manodopera come "etica" (in quanto valore aggiunto a garanzia di una filiera sana e legale), troverà essa la giusta remunerazione di mercato per le sue produzioni? O nulla sarà valso di fronte alla messa in competizione tra fornitori solo sui prezzi, fenomeno che spesso gli intermediari tendono ad alimentare per proprio tornaconto?
La Grande Distribuzione Organizzata ha recentemente preso impegni proprio nella direzione di premiare i fornitori che seguono tutte le regole; lo stesso Mipaaf ha firmato patto di impegno con i distributori per favorire pratiche commerciali leali lungo l'intera filiera agroalimentare... Poi però appena ti confronti con il parco fornitori, c'è sempre chi lamenta prezzi insostenibili per la vendita delle proprie merci, o spiega che al prodotto italiano viene preferito quello estero perché costa meno...

La verità, come al solito, sta sempre nel mezzo. Sembra curioso che tanti messaggi commerciali, spesso di dubbia rilevanza valoriale quali: "no-OGM", "100% italiano", "senza olio di palma", "senza conservanti", "senza zuccheri aggiunti" e simili trovino talmente appeal, tra i consumatori, da essere piazzati un po' ovunque, alle volte anche a sproposito, su centinaia di confezioni di prodotti, e che al contempo non si trovi un modo efficace per promuovere, più che il famigerato km zero, lo "zero sfruttamento" non solo del bracciante agricolo, ma dell'azienda che produce e fornisce le derrate agricole essenziali alla nostra vita.

Finché non sarà il consumatore a schifare le produzioni realizzate sulla pelle dei più deboli, non usciremo dal dramma del caporalato, del lavoro sottopagato, dei prezzi da fame alla produzione, e del conseguente rimpallo di responsabilità tra i vari attori della filiera...

Come si legge sul sito www.filierasporca.org (tra i promotori dell'iniziativa #astenetevi), dietro la miseria si nasconde sempre una ricchezza mal distribuita.
Autore: Rossella Gigli

Fonte: www.freshplaza.it

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