giovedì 15 marzo 2018

Emergenza siccità, le soluzioni ci sono


Il problema della lotta alla siccità, che appare come uno dei più gravi problemi del pianeta legati al cambiamento climatico a cui stiamo assistendo, vede nei laghetti collinari uno dei principali strumenti per preservare la nostra agricoltura.

La natura sta facendo la propria parte. Ma se negli ultimi anni ci troviamo sempre più spesso in emergenza idrica la colpa è soprattutto nostra. Non (solo) per aver contribuito a provocare il cambiamento climatico, ma perché gestiamo male l'acqua che c'è. E di acqua, sotto ai nostri piedi, in Italia ne abbiamo moltissima. Così tanta che a cose normali non dovremmo avere alcun problema di approvvigionamento, neanche in estati così secche.

Già, perché l'85% del fabbisogno di acqua potabile nel nostro Paese proviene da acque sotterranee, soprattutto pozzi e sorgenti. E secondo l'Associazione internazionale degli idrogeologi "pur risentendo della diminuzione delle piogge la risorsa idrica sotterranea nazionale si rinnova annualmente, per circa 50 miliardi di metri cubi, valore ben 10 volte maggiore sia del totale dell'acqua invasata nel lago di Garda che di quella che il fiume Po scarica in Adriatico in un anno". Nonostante tutto ciò, Istat ha rilevato che già nel 2016 quasi il 10% delle famiglie italiane lamentava interruzioni nella fornitura di acqua nelle proprie abitazioni.

Sprechi: Il problema numero uno, è che i nostri acquedotti sono vecchi e perdono oltre un terzo dell'acqua che trasportano. Secondo l'Istat, nel 2015 è andato perso il 38,2% dell'acqua immessa nelle reti di distribuzione potabile. Per il 3% si tratta di allacciamenti abusivi ma, al netto degli errori di misurazione e degli evasori, la perdita giornaliera ammonta comunque a 50 metri cubi per ogni chilometro di acquedotto. L'istituto di statistica calcola che questo volume d'acqua consentirebbe a oltre dieci milioni di persone di dissetarsi e lavarsi per un anno.

Agricoltura: la sfida del secolo.
Come ha ricordato la stessa associazione ambientalista, in questa storia l'agricoltura è sia vittima che carnefice. Il settore primario da solo, infatti, consuma oltre la metà (54,5%) del patrimonio idrico del paese per un totale, compresi gli allevamenti, di 17 miliardi di metri cubi l'anno. Per avere un termine di paragone, l'acqua usata per usi civili è il 19,5%. Dall'altra parte, è proprio tra i campi che si vivono le conseguenze peggiori della siccità. E i nodi stanno per venire al pettine.

La produzione di olio 2017 rischia di ripetere, se non peggiorare, la terribile performance della 2014 (per paradosso in quel caso la colpa fu di un'estate insolitamente fresca e umida); anche per la vendemmia si prevede un calo delle rese tra il 15 e il 20% (a fronte di una qualità superiore del vino, proprio a causa della poca acqua assorbita dai frutti) e lo stesso calo sta riguardando il miele (-75% circa) la produzione di latte. Perché anche api e mucche soffrono il caldo.

Certo non tutte le coltivazioni hanno bisogno di essere innafiate ogni giorno. La Società italiana di agronomia ha ricordato, nei giorni scorsi, come frutteti, oliveti e vitigni vengano irrigati solo se la siccità mette a rischio il raccolto, mentre l'acqua usata per sommergere il riso, una coltura con esigenze idriche altissime, "viene per gran parte restituita a valle, garantendo un apporto idrico regolare in un territorio molto ampio".

La scienza, però, sta facendo molto per affrontare la carenza idrica nei campi che nei prossimi anni diventerà la regola. Si chiama agricoltura di precisione. Quello che prima facevano i satelliti ora lo fanno droni e robot, "armati" di telecamere a infrarossi, termocamere e sensori ambientali. Grazie a questi mezzi gli agricoltori dispongono di informazioni prima impensabili. Ad esempio sullo stato della vegetazione e del terreno, per capire se e quanto c'è bisogno di irrigare e in quali aree del campo. Efesto è un drone sviluppato dal Cnr e fornisce dati con una risoluzione di 3 centimetri/pixel, laddove il satellite non supera i 5 metri per pixel. Grazie al pacchetto hi-tech montato a bordo di Efesto il Cnr ha calcolato che l'utilizzo di questo drone possa portare a un risparmio del 25% di acqua.

A questa caccia alle soluzioni anti siccità partecipa anche il Crea, un ente pubblico nato proprio per cercare soluzioni alle esigenze della nostra agricoltura. I suoi ricercatori stanno infatti per lanciare la propria versione di DSS (Decision Support System), un sistema che integra i dati raccolti da sensori a contatto con le piante, radiometri a bordo di droni o velivoli leggeri, telerilevamento da satellite e previsioni climatiche. Questa enorme mole di dati verrà messa a disposizione degli agricoltori, che potranno conoscere nel dettaglio le caratteristiche del suolo e come stanno crescendo le loro piante in tempo reale. Perché non servono miracoli: l'acqua c'è, va solo utilizzata meglio.

Autore: Federico Formica

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