Se tutte le superfici agricole fossero coltivate con metodi
biologici, le emissioni di CO2 causate dall'agricoltura potrebbero ridursi del
23% in Europa e del 36% negli Usa. Lo dice uno studio diretto da Andreas
Gattinger (FiBL - Istituto di ricerca per l'agricoltura biologica) che ha
esaminato i risultati di 74 studi internazionali che hanno paragonato gli
effetti sul terreno delle coltivazioni biologiche e di quelle convenzionali.
Dallo studio - rileva un comunicato Aiab, l'associazione Italiana per la
coltura biologica - scaturisce che l'agricoltura biologica permette di fissare
nel terreno quantità di carbonio significativamente superiori, con ciò offrendo
un importante contributo per frenare il riscaldamento globale.
Gli autori hanno inoltre calcolato che ciò corrisponderebbe
a circa il 13% della riduzione complessiva necessaria per raggiungere gli
obiettivi climatici fissati per il 2030. A ciò si aggiungono i risultati dello
studio 'Enviromental Impact of differentagricultural management practices:
conventional versus organicagriculture', apparso sulla rivista 'Critical
reviews in plantsciences', realizzato dai ricercatori guidati da Maurizio
Paoletti del Dipartimento di Biologia dell'Università di Padova in collaborazione
con l'Università di Cornell, Usa: "I terreni gestiti con il metodo bio
hanno una maggiore capacità di sequestrare CO2 e di trattenere acqua, con
conseguente miglior rendimento in condizioni climatiche di scarsità di
precipitazioni".
In concomitanza con l'inizio della conferenza COP21 di
Parigi le associazioni del biologico, Aiab, Associazione per l'Agricoltura
Biodinamica e FederBio - Federazione Italiana Agricoltura Biologica e
Biodinamica - "alzano l'attenzione - conclude la nota - sul tema del clima
e sul forte impatto che l'agricoltura intensiva ha giocato nei decenni passati,
evidenziando la necessità di promuovere e adottare sempre più un metodo di
produzione innovativo e al tempo stesso rispettoso dell'ambiente, in tutte le
sue declinazioni".
Nessun commento:
Posta un commento