Calano
le denunce di infortunio sul lavoro in agricoltura: a fronte di un aumento di
addetti (circa 812mila nel 2014, +1,6%), nel quinquennio 2009-2013 le denunce
sono calate del 23,5%, passando da 52.686 a 40.291. Nello stesso arco di tempo,
tuttavia, il numero delle malattie professionali ha subito un aumento
eccezionale, pari al 141,7%, dalle 3.928 denunce del 2009 alle 9.494 del 2013,
confermando lo stato dell'agricoltura di comparto a rischio. A riferirlo è
l'analisi pubblicata nel periodico statistico Dati Inail, che ha dedicato un approfondimento
a questo settore, tradizionalmente uno di quelli a più alto rischio
infortunistico sia in termini assoluti sia, soprattutto, in termini relativi
(49 indennizzati ogni mille addetti contro i 24,33 dell’industria e servizi),
secondo solo alle costruzioni per numero di casi mortali (un centinaio l’anno).
Il numero maggiore di casi avviene - da tempo - nel Nord-Est del Paese, in
particolare in Emilia Romagna (5.200) e Veneto (oltre 3.500), mentre in Puglia
e in Sicilia, che hanno il maggior numero di lavoratori e di aziende e la più
estesa superficie agricola utilizzata, gli infortuni risultano essere più
contenuti (2.700 e 2.200 rispettivamente). La classe d’età più coinvolta negli
infortuni è quella centrale, tra i 35 e i 49 anni, per gli uomini (34,5%) e
quella più matura, tra i 50 e i 64 anni, per le donne (44,8%), i cui casi sono
pari al 20% del totale. La componente straniera, invece, è pari a circa il 12%
del totale, cui concorrono soprattutto, tra i lavoratori di origine europea, i
romeni (3,3%) e gli albanesi (1,5%) e, tra i non europei, quelli provenienti
dai Paesi africani (2,6%) e asiatici (2,4%). Le lavorazioni più rischiose sono
legate alla coltivazione del terreno, sia per la forte componente di opera
manuale che per i mezzi meccanici comunque utilizzati. A prevalere sono le
cadute (un terzo dei casi), soprattutto da strutture edili e superfici, e la
perdita di controllo (un quarto dei casi) di utensili, materiali, veicoli
terrestri, macchine e attrezzature portatili. Tra le malattie professionali,
invece, l’86% dei casi riguarda il sistema osteo-articolare e dei muscoli,
l’8,3% quello nervoso e degli organi di senso e il 2,4% l’apparato
respiratorio.
Come prevenire il rischio da esposizione ai raggi UVA e UVB
All'interno
di un focus, inoltre, vengono analizzati i pericoli legati alla radiazione
solare ultravioletta (cancerogeno di gruppo 1), che può comportare serie conseguenze
per la salute di chi lavora all’aperto, con effetti sia a breve che a lungo
termine. Anni di sovraesposizione senza idonee protezioni, infatti, possono
causare gravi danni alla pelle, che vanno da un prematuro invecchiamento a un
aumentato rischio di insorgenza del cancro, così come problemi significativi
agli occhi. I raggi ultravioletti UVA e UVB possono penetrare nella pelle anche
nei giorni in cui il cielo è coperto, perché le nuvole non sono in grado di
trattenerli. Di qui la necessità di usare sempre adeguati prodotti antisolari,
che dovrebbero essere applicati almeno 20 minuti prima dell’esposizione al sole
– con particolare attenzione a volto, cuoio capelluto, orecchie, labbra, collo
e dorso delle mani – e applicati nuovamente dopo due-tre ore, soprattutto in
caso di attività che comportano grande sudorazione.Vanno inoltre indossati
indumenti con tessuti a trama fitta in cotone/poliestere o, per i soggetti più
fotosensibili con storie di cancro della pelle, capi con filtri antiUV,
cappelli a larga tesa e occhiali da sole con protezione UV, tenendo in
considerazione anche l’eventuale assunzione di farmaci che aumentano la
sensibilità alla luce solare, come alcuni diuretici, antibiotici e
antinfiammatori. Per una prevenzione efficace, inoltre, ogni lavoratore
dovrebbe effettuare un autoesame della pelle, per evidenziare precocemente
eventuali anomalie, e privilegiare le mansioni lavorative all’interno o
all’ombra nelle ore a maggiore esposizione.
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