C’era una volta l’immagine di campagne vuote, spopolate e in
stato di abbandono, un lavoro faticoso, antiquato e che rendeva poco, con i
giovani che correvano numerosi verso le grandi città ricche di possibilità e
lavoro. Bene, oggi questo fenomeno è in controtendenza, merito
dell’agroalimentare Made in Italy che va forte sia da noi che nel resto del
mondo, e spinge sempre più persone in cerca di occupazione a sfruttare le
risorse della terra utilizzando strumenti nuovi e guardando al futuro ripopolando
le campagne.
Gli incentivi
Merito anche del Ministero delle Politiche Agricole, che con
massicci investimenti sta spingendo nella direzione giusta stanziando a breve
ben 160 milioni di euro a favore dell’imprenditoria giovanile, desiderosa di
investire sulla terra. 20 Mln per finanziare start up nel settore agricolo,
agroalimentare e pesca, altri 80 per mutui a tasso zero a copertura di
investimenti fatti in azienda, un bando da 70, infine, per mutui a tasso
agevolato per comprare imprese agricole da parte dei ragazzi che vogliono
tentare l’avventura lontano dalle città.
A loro supporto i giovani di Coldiretti hanno messo in piedi
una apposita task force che opera anche a livello territoriale per sostenere
chi vuole intraprendere questa nuova strada con tutte le informazioni preziose,
e hanno anche creato figure come tutor, corsi di formazione e consigli utili
per l’accesso al credito. Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, ha
affermato che “abbiamo di fronte una occasione forse irripetibile per sostenere
il grande sforzo di rinnovamento dell’agricoltura italiana e per rendere
competitive le imprese. L’importanza del dialogo con la pubblica
amministrazione, per rendere più agevole e veloce l’accesso alle misure
previste dai Piani, è diventato quindi fondamentale”.
I numeri del cambiamento
Sono tante le politiche messe in atto per rilanciare un
fenomeno che sta prendendo piede già a partire da che tipo di scuola i nostri
adolescenti scelgono.
Il nostro giornale già ha parlato del boom negli ultimi anni
di istituti e corsi di laurea che addestrano al cibo e all’accoglienza. Una
generazione di cuochi, sommelier, maitre, concierge, agronomi, contadini sta
crescendo consapevole che il nostro destino non sia quello di arricchirsi con
la grande industria, una via erroneamente percorsa a causa dell’autarchia prima
e del boom economico poi, ma cavalcando ciò che sappiamo fare meglio, è cioè
sfruttare le risorse che provengono direttamente dal nostro suolo e
l’ospitalità che noi italiani sappiamo dare.
Non è sulla quantità che dobbiamo investire, è sulla
qualità.
Un rinfrancante +44% di giovani che vogliono sporcarsi le
mani e si preparano a farlo negli istituti tecnico-professionali impegnati in
questa delicata area del sapere è il segnale che qualcosa si muove in Italia,
dopo un decennale immobilismo. Lo hanno capito anche i nostri politici ed
imprenditori, che hanno dedicato al food l’Expo milanese del 2015.
In questo settore, in un periodo di crisi, è stata
riscontrata nuova occupazione: 35mila posti di lavoro creati nell’arco di un
anno, quasi 20mila tra gli under 30 (+12,7%) che alzano la percentuale al 5%
delle imprese agricole gestite dai giovani, che in Europa tocca l’8%.
E ce ne saranno migliaia di altri, grazie all’approvazione
da parte della Commissione Europea di tutti i Piani di Sviluppo Rurale
presentati dall’Italia, interventi rivolti ai giovani agricoltori tra 18 e 40
anni non compiuti che possono giovare fino a 70.000 euro a fondo perduto per
iniziare l’attività, oltre a un contributo sugli investimenti aziendali che può
arrivare sino al 60%.
Mestieri vecchi e nuovi, tutti con strumenti innovativi
Giovani che si sono lanciati nel campo dell’agroalimentare,
impegnati a piazzare con i potenti e moderni mezzi di comunicazione e
dell’e-commerce le eccellenze che sforniamo, specializzati nell’offerta
turistica e nella cosiddetta “green economy”.
Si sono accorti che il mercato, con l’ingresso dei paesi
emergenti, è irrimediabilmente cambiato. Non ha più senso investire nella
grande industria, siamo il paese delle piccole e medie imprese, radicate nel
territorio e che tutto il mondo ci invidia. Se non fosse per uno Stato così
repressivo in termini fiscali, le energie giovani che non trovano spazio per
esprimersi già si sarebbero liberate ed avrebbero espresso il loro enorme
potenziale.
La politica come al solito giunge in soccorso con allarmante
ritardo, ed è così che il Ministero delle Politiche Agricole ha incrementato
del 25% per 5 anni gli aiuti che provengono dall’Europa alle aziende trainate
dai giovani.
Discorso a parte lo meritano le donne: le statistiche
infatti parlano di un +76% nel 2015 di under 34 femmine che hanno scelto di
lavorare in agricoltura come imprenditrici o più semplicemente come socie di
cooperative. Una crescita tripla rispetto all’universo maschile, sulla basa dei
dati forniti dall’Istat. L’incremento, dunque, è sensibilmente rosa e si giova
soprattutto della creatività nel reinventarsi un lavoro miscelandolo
sapientemente con l’innovazione di questi ultimi anni, modernizzazione che non
ha risparmiato il campo agricolo, forse il più arcaico e tradizionalista
nell’immaginario collettivo.
Dalle sperimentazioni sono nate infatti frutta e verdura
d’eccellenza, cibi sopraffini, bevande nuove, mestieri poco praticati prima
come quello della trasformazione aziendale dei prodotti, la vendita diretta dei
frutti della terra, le docenze presso le fattorie didattiche (strano ma vero, i
nostri bambini spesso hanno visto di più una tigre che una gallina) e gli
agriasilo, ma anche come avere cura dell’orto e insegnare a cucinare prodotti
freschi provenienti direttamente dalla campagna, praticare l’agricoltura
sociale per l’inserimento di disabili, i detenuti e i tossicodipendenti, oppure
la manutenzione di parchi, giardini, l’agribenessere e la produzione di energie
rinnovabili. Ebbene, il 70% delle imprese under 35 opera in attività come
queste.
Una nuova generazione
Decine di migliaia di nuovi contadini, allevatori, pescatori
e pastori, gente che rappresenta una vera e propria “new generation” vettrice
di crescita del nostro settore agroalimentare per merito di una efficace
trasfusione di nuove tecniche ed una acquisizione di modalità produttive che
favoriscono l’occupazione.
“C’è un intero esercito di giovani che ha preso in mano un
settore considerato vecchio, saturo e inappropriato per immaginare prospettive
future e ne ha fatto un mondo di pionieri, rivoluzionari, innovatori e
attivisti impegnati nel costruire un mondo migliore per se stessi e per gli
altri”. Queste le parole di Maria Letizia Gardoni, delegata dei giovani di
Coldiretti che ha sottolineato come “dai campi non viene solo una risposta alla
disoccupazione e alla decrescita infelice del Paese, ma anche una speranza alla
sconfitta dei nostri coetanei, che sono costretti ad espatriare e a quella di
chi a 50 anni si ritrova senza lavoro, senza certezze, ma con una vita già
costruita da riposizionare”.
Un antidoto alla cosiddetta “fuga dei cervelli”
costantemente in atto in Italia. Giovani laureati che studiano qui e sono
costretti ad emigrare altrove per cercar fortuna e mettere in pratica quei
saperi assorbiti nelle nostre università.
Chi non si vuole allontanare e non ha avuto in eredità un
pezzo di terra, in modo da poter dare continuità all’azienda familiare, è
considerato una new entry del settore, gente che ha scommesso e investito
sull’agricoltura e magari ha anche in tasca una laurea.
La Coldiretti quantifica in ben la metà i contadini di prima
generazione, che hanno preso l’agognato pezzo di carta e si sono trasferiti
lontano dalle città. Molti trasmettono nell’attività che svolgono il proprio
know-how innovativo e la loro professionalità e i risultati danno loro ragione
anche in termini di apprezzamento del nuovo stile di vita decisamente più
salutare.
Sempre secondo Coldiretti “le aziende agricole dei giovani
possiedono una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato
più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più”.
Un tempo si diceva che tanti ragazzi non erano altro che
“braccia rubate all’agricoltura”. Ebbene, quelle braccia stanno tornando nei
campi, ma supportate da tante altre qualità.
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