Dubbio, sconcerto, preoccupazione all'indomani dello storico
voto: le organizzazioni agricole italiane ed europee al lavoro per valutare
l'effetto sui Delusione, preoccupazione, ma anche volontà di invertire la rotta
per creare un’Europa meno vittima della burocrazia e più propulsiva verso
l’unità e la condivisione. I sindacati agricoli esprimo i propri timori per la
volatilità dei mercati, le rappresentanze italiane mettono in guardia dalle
possibili ripercussioni nei rapporti bilaterali con il Regno Unito, ma è
altrettanto marcata la condivisione di un incidente di percorso che si sarebbe
potuto evitare se l’Unione europea avesse maggiormente tutelato le esigenze dei
popoli, dei cittadini, degli agricoltori e dei mercati agricoli che non le
banche e le formalità normative.
Fra i primi ad esprimersi, il Copa-Cogeca, sindacato europeo
degli agricoltori e delle cooperative agricole. Si tratta di “un giorno triste
per gli agricoltori” e l’impegno profuso si concretizzerà affinché la comunità
agricola non debba pagare il prezzo della politica internazionale.
Il segretario generale del Copa e della Cogeca, Pekka
Pesonen, ha affermato: “Il voto mostra una leggera maggioranza del 52% a favore
e un 48% contrario. Il Copa e la Cogeca tengono in grande considerazione il
contributo dei sindacati agricoli del Regno Unito e il loro sostegno nelle
attività di politica agricola dell’Ue. Stiamo ancora analizzando l’impatto del
voto sul settore agricolo, in base alle decisioni delle istituzioni europee e
del governo del Regno Unito”.
Estrema attenzione ai mercati, per contenere al massimo gli
effetti speculativi. “Un elemento chiave per noi sarà evitare ulteriori
turbative sul mercato agricolo europeo, data l’importanza dei legami economici
d’Oltre Manica e la crisi già in atto – ha detto Pekka Pesonen -. Mantenere la
stabilità del mercato è essenziale. Oltre la metà delle esportazioni di derrate
alimentari e bevande del Regno Unito è attualmente destinata all’Ue e il
mercato del Regno Unito è altresì rilevante per l’export di bevande e prodotti
alimentari provenienti da altri Stati membri, fornendo ai consumatori europei
la possibilità di attingere da un’ampia gamma di prodotti di qualità.
Lavoreremo alacremente per garantire che le comunità agricole dell’Ue e del
Regno Unito non debbano pagare lo scotto della politica internazionale e che
l’impatto sul commercio venga ridotto al minimo”.
Il presidente della Confagricoltura Mario Guidi ha espresso
“profonda delusione: il voto contro registrato nel Regno Unito è segno di un
malessere generale e dell’incapacità di chiarire ai cittadini i costi della non
Europa”. Inevitabile che ora “anche gli imprenditori agricoli del Regno Unito
dovranno fronteggiare un improvviso cambiamento”.
Per Guidi “serve una profonda riflessione sugli errori di
valutazione e di strategia commessi per riformare quei provvedimenti e quelle
politiche, tra cui sicuramente la politica agricola e la politica commerciale
comuni, che oggi non sono ben comprese anche perché non adatte alla realtà
economica e sociale dei Paesi membri”.
L’Unione europea dovrà mutare pelle e riflettere sul proprio
futuro. “Va aperta una stagione riformista che consenta di migliorare gli
indirizzi delle politiche europee – ha concluso il numero uno di Confagri - e
che permetta, a imprese e cittadini, di credere, oggi come nel 1957, al futuro
dell’Europa, che è, in fondo, anche il futuro dei nostri Paesi”.
Coldiretti punta alle possibili ripercussioni concrete per
il made in Italy. “La Gran Bretagna è diventata nel 2016 il primo mercato
mondiale di sbocco dello spumante italiano, con le bottiglie esportate che
hanno fatto registrare un aumento record del 38% nel primo trimestre
consentendo il sorpasso sugli Stati Uniti”, ha ricordato Palazzo Rospigliosi.
Sulla base di proprie analisi sugli effetti della Brexit,
l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea “a causa della svalutazione della
sterlina potrebbe sconvolgere le tavole inglesi, che amano particolarmente il
prosecco made in Italy: nel primo trimestre del 2016 in Gran Bretagna sono
state spedite il 30% delle bottiglie di spumante esportate: in pratica quasi 1
su 3”.
Conti alla mano, la Coldiretti ha evidenziato che “la Gran
Bretagna è il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari nazionali made
in Italy, con un valore annuale di ben 3,2 miliardi delle importazioni
dall’Italia e una tendenza progressiva all’aumento, mentre dal Regno Unito
arrivano in Italia prodotti agroalimentari per appena 701,9 milioni di euro”.
Secondo l’analisi di Franco Verrascina, presidente di
Copagri, non si tratterebbe comunque di una bocciatura tout-court. “Gli inglesi
non hanno votato contro l’Europa, ma contro questa Europa, che ha perso di
vista i principi ispiratori di coloro che l’hanno fondata, mettendo sempre più
al centro gli interessi economici invece dei cittadini”, ha sottolineato.
“Se dopo oltre mezzo secolo non ci sentiamo ancora europei,
il problema risiede nel non aver portato avanti un progetto comune popolare, in
cui solidarietà e sussidiarietà fossero i valori centrali – ha proseguito
Verrascina -. L’Europa ha scelto i tecnocrati, la burocrazia, le banche e non i
cittadini: l’agricoltura è l’esempio più eclatante di questo fallimento”. Che
avrà naturalmente ripercussioni sul piano economico, anche per l’Italia. “Come
ha evidenziato Nomisma in un recente studio - ha segnalato Copagri – l’export
verso il Regno Unito pesa per il 5,4%, e quasi tutto è composto da prodotti del
manifatturiero”.
Da un esame più approfondito della geografia del voto e dei
risvolti sociali del referendum sulla Brexit, il presidente di Confeuro, Rocco
Tiso, ha tratto le proprie conclusioni: “Non è un caso che i no all’Unione
europea siano venuti soprattutto dal nord del Paese e dalle aree agricole che
più di tutte hanno subito i colpi della Pac. Le scelte fatte in ambito agricolo
sono in linea con tutta una serie di provvedimenti altrettanto sbagliati e
incapaci di costruire quell’identità europea più che mai necessaria”.
Ed è senza sconti anche l’analisi di Federalimentare.
L’organo di rappresentanza di Confindustria boccia gli errori europei recenti e
li addita come responsabili di questo grave incidente di percorso, che avrà
conseguenze ad oggi inimmaginabili. “La Brexit è il risultato di una Europa
debole e tentennante, che invece di procedere decisa verso un obiettivo di
sempre più stretta integrazione politica e sociale ha fatto un passo avanti e
due indietro nella speranza di non scontentare nessuno – ha reso noto il presidente di
Federalimentare, Luigi Pio Scordamaglia -. L’armonizzazione della
regolamentazione del settore agroalimentare è stata alla base della nascita di
un mercato unico, ma nell’ultimo periodo anche questa è andata progressivamente
sfaldandosi, con norme nazionali e deroghe su deroghe per una Commissione
incapace di decidere.
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