Sulla rampa le reti di impresa 100% agricole. Si parte con
cereali e olivicoltura. Il rilancio della nuova agricoltura «4.0» parte anche
dalle Reti di impresa, lo strumento che per tutti i settori ha debuttato nel
2009, ma che è stato declinato in chiave agricola con la legge 91 del 2014,
meglio nota come decreto competitività. Dopo le istruzioni dell’agenzia delle
Entrate, il banco di prova sarà la nuova campagna che parte da novembre. E Confagricoltura,
che è stata l’artefice di questa normativa, sta lavorando in questi giorni per
fornire consulenza alle imprese che vogliono mettersi insieme.
Per rafforzare l’associazionismo del settore si punta su
quella che Maria Cristina D’Arienzo, responsabile di Reti di impresa, definisce
la compartecipazione moderna. Per ora si lavora su cereali e olivicoltura e i
contratti sono in dirittura soprattutto nel Centro Nord. Ma per Confagricoltura
che ha costituito un’associazione ad hoc «Made in rete» guidata da Mario
Caprai, è questa la formula che consentirà una vera svolta.
L’associazionismo è nel Dna dell’agricoltura, ma trova
ancora molti ostacoli per un suo pieno sviluppo. Con le reti d’impresa però i
tanti vantaggi dovrebbero fornire la spinta giusta per le aggregazioni. Nessuno
dei partner perde la sua identità, ma trae vantaggi sotto il profilo
civilistico, lavorativo e fiscale. In pratica viene consentito alle aziende di
mettere insieme terreni e attrezzature e di utilizzare anche assunzioni
congiunte con salari ripartiti tra i «soci» che hanno firmato il contratto. Un
altro aspetto interessante e che può avere un forte appeal è l’occasione
offerta di lavorare insieme prodotti agricoli e trasformati per poi dividerli
tra le singole imprese che mettono in comune i fattori di produzione. «In
questo modo - spiega D’Arienzo - si possono abbattere i costi sia delle
attrezzature sia dei lavoratori». Uno dei nodi che il settore deve affrontare è
infatti proprio il bilanciamento tra costi, sempre troppo elevati, e prezzi dei
prodotti, sempre troppo bassi per garantire una sostenibilità economica. Con le
reti di impresa si possono utilizzare i macchinari migliori e assumere
dipendenti super qualificati che un’impresa da sola non potrebbe permettersi ma
che invece diventano economicamente accessibili se i lavoratori girano tra le imprese
e i salari vengono ripartiti tra i partner.
Le leve per migliorare le perfomance delle imprese, secondo
Confagricoltura, sono: incremento delle vendite e del fatturato, riduzione dei
tempi di approvvigionamento, possibile priorità nell’accesso ai fondi dei Piani
di sviluppo rurale, partecipazione alle gare d’appalto, migliore accesso ai
capitali, incremento dell’innovazione, sviluppo delle risorse umane e
facilitazione dell’internazionalizzazione dell’impresa. Non è poi certo da
sottovalutare la ricaduta fiscale. La ripartizione coinvolge anche i prodotti e
dunque anche se un’azienda lavora prodotto acquistato da un’altra che partecipa
al contratto il reddito resta comunque agrario.
Un esempio: due partner «in rete» mettono a disposizione
terreni e macchinari, poi decidono di produrre arance a marmellate. Sia il
prodotto grezzo che quello lavorato viene diviso sulla base di una quota
percentuale che tiene conto del contributo apportato da ciascuno nel processo e
per default rientra nella tassazione su base catastale. Le premesse per uno
sviluppo significativo - sostiene D’Arienzo - ci sono. Già con la normativa del
2009 non specificatamente rivolta all’agricoltura, le imprese del settore
entrate in rete sono progressivamente aumentate e triplicate in particolare nel
giro degli ultimi due anni. Le imprese agricole che partecipano a un contratto
di rete, secondo le elaborazioni del Centro studi di Confagricoltura su dati
Infocamere, sono arrivate a fine 2016 a quota 3mila con larga prevalenza di
quelle che svolgono attività di coltivazione e allevamento. La distribuzione
regionale delle aziende del settore che aderiscono a reti ordinarie premia
Toscana (414 aziende), Lazio (335) e Friuli Venezia Giulia (327). Nel Sud in
prima linea c’è la Campania (275). Le aziende in reti con soggettività giuridica
sono 393 e riguardano promozione e commercializzazione di diversi prodotti e
promozione dell’offerta turistica del territorio. I contratti di rete con
partecipazione di imprese agricole sono 568 (coltivazione e allevamento,
silvicoltura e pesca) con una media di partecipanti di 4,7 per coltivazione e
allevamento, 1,8 per la selvicoltura e 4,2 per acquacoltura.
Autore: Annamaria Capparelli
Fonte: Il Sole24 Ore
Nessun commento:
Posta un commento