Il caporalato, ovvero l'intermediazione illecita e
sfruttamento del lavoro, è un reato introdotto nel Codice penale con la legge
14 settembre 2011, n. 148. Secondo la legge si tratta "dell'attività
organizzata di intermediazione caratterizzata dallo sfruttamento dei lavoratori
mediante violenza, minaccia o intimidazione". "L' articolo di legge
che elenca quattro circostanze al sussistere di almeno di una delle quali si
costituisce l'indice di sfruttamento, le cosiddette "spie" adatte a
capire se ci si trova o meno in situazione di caporalato", osserva
Coldiretti. La prima è la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo
palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque
sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la seconda
è la sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al
riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; la terza è la
sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei
luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la
sicurezza o l'incolumità personale; la quarta è la sottoposizione del
lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni
alloggiative particolarmente degradanti.
Il caporalato è punito con la reclusione da cinque a otto
anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato; le
pene aumentano quando i lavoratori reclutati sono più di tre, quando hanno meno
di sedici anni o quando sono esposti a gravi pericoli. Come pena accessoria, i
condannati rischiano di non poter più ricoprire cariche direttive nelle imprese
né prendere finanziamenti, agevolazioni o appalti pubblici. Al primo gennaio
2014 erano 355 i caporali arrestati o denunciati dall'entrata in vigore della
norma.
Il caporalato, come rileva Cia-Confederazione italiana
agricoltura, "è figlio diretto della diffusione del lavoro nero in
agricoltura": L'Eurispes stima al 32% l'incidenza del sommerso in
agricoltura nel 2014. Una cifra in aumento negli ultimi anni: 27,5% nel 2011,
29,5% nel 2012, 31,7% nel 2013. L'Istat sottolinea anche una variabilità
territoriale quanto a irregolarità occupazionale: il primo posto spetta al
Mezzogiorno dove il tasso supera la soglia del 25%. Esemplare il caso della
Puglia dove, nel 2013 è risultata in nero la metà dei lavoratori delle aziende
sottoposte ad ispezione. "La figura del caporale - osserva Giorgio Carra,
segretario nazionale Uila - si sviluppa sulla base della compiacenza del datore
di lavoro che ha la sua convenienza a utilizzare manodopera sottopagata e
sfruttata nell'orario. Il fenomeno è presente soprattutto al Sud ma lo
riscontriamo anche al Nord, magari sotto forme più sofisticate come le
'cooperative senza terra' che assumono in proprio le persone che fanno poi
lavorare in altre aziende. In agricoltura le forme contrattuali sono più
flessibili e orientate alle esigenze del comparto, come il lavoro stagionale.
Ma in questi meccanismi è facile anche fare i furbi. Per esempio denunciare
numeri molto inferiori delle giornate lavoro. Nel 2014 su circa 900 mila
braccianti agricoli rilevati dall'Istat, 50mila risultavano aver fatto meno di
tre giornate di lavoro!".
Nessun commento:
Posta un commento