Continua a calare il prezzo della terra in Italia,
confermando nel 2014, per il terzo anno consecutivo una contrazione media
nazionale dello 0,6%, mantenendosi intorno ai 20 mila euro ad ettaro, con punte
più elevate nelle aree di pianura e di collina. Sono i dati Crea-Inea, secondo
il quale il mercato fondiario non riesce più a generare interesse negli
investitori e negli imprenditori. Colpa della crisi di liquidità, spiega il
ricercatore Andrea Povellato, che ha investito famiglie e imprese, ma anche
della tassazione Imu sui terreni e dell'embargo russo; non mancano infatti zone
dove ormai l'offerta è superiore alla domanda e, pur di raggiungere un accordo,
ci si accontenta di prezzi più bassi. Quanto agli imprenditori più dinamici
cercano di aumentare la dimensione aziendale con produzioni più intensive,
diversificando le attività o prendendo in affitto i terreni.
L'accesso al credito continua ad essere un punto dolente,
spiega il ricercatore, malgrado la riduzione dei tassi offra buone occasioni
per l'investimento e la Banca d'Italia segnali un incremento delle erogazioni
per finanziamenti per l'acquisto di immobili rurali. Le politiche agricole,
infine, non aiutano a migliorare la situazione. Infatti, il lento avvio della
riforma della politica agricola comune riserva ancora numerose incognite, sia
per quanto riguarda il futuro assetto dei pagamenti diretti, sia per il ritardo
accumulato dai nuovi Piani di sviluppo rurale, considerati fino a poco tempo
fa, un fattore decisivo per attivare nuovi investimenti fondiari. Le
aspettative per il futuro non sembrano essere improntate all'ottimismo. Molti
operatori segnalano probabili ulteriori riduzioni delle quotazioni, ad
eccezione dei terreni nelle zone di pregio come quelle viticole, che sembrano
attirare ancora l'interesse anche di investitori extra agricoli.
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