Se l'Italia ha l'agricoltura più eco-sostenibile d'Europa,
come emerge dai dati del Rapporto GreenItaly 2018 di Unioncamere e Fondazione
Symbola, lo si deve soprattutto alle nuove generazioni. Perché se un tempo si
sosteneva che, per chi non era in grado di fare nulla, l'unica soluzione era
quella di occuparsi dei campi oggi lo scenario è molto diverso. La necessità di
tutelare l'ambiente, di avere prodotti di qualità sempre più elevata, di
sviluppare processi 'sostenibili' richiede competenze specifiche, in linea con
gli ultimi ritrovati. Oggi, chi tira avanti un'azienda di campagna (o di
montagna o specializzata nella pesca), molto spesso ha una laurea oppure ha
seguito un corso di formazione ad hoc ed è aggiornatissimo sul settore. Alla
fine del 2017, come riporta il sito Skuola.net, sul nostro territorio sono
state censite ben 55.121 imprese agricole guidate da under 35, con un
incremento del +6% rispetto all'anno precedente. Ponendo l'Italia ai vertici
nell'Unione Europea per aziende condotte da giovani. Ad incuriosire è il
profilo di questi agricoltori del terzo millennio: 1 su 4 è laureato e conosce
una o più lingue straniere (almeno a livello scolastico), mentre 8 su 10 sono
abituati a viaggiare e andare spesso all'estero. Un dato arricchito dalle modalità
di gestione delle attività: i giovani agricoltori, tra le altre cose, sfruttano
sempre di più il web e la tecnologia per promuovere i propri prodotti. Lo
testimoniano i tanti casi di aziende agroalimentari che ormai hanno attivato un
servizio di e-commerce. Le nuove generazioni, dunque, hanno interpretato in
chiave innovativa le opportunità offerte dal mondo rurale. Offrendo tanta
varietà di servizi: dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita
diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, dall'agricoltura sociale
all'agribenessere. Un contributo fondamentale, in questa piccola rivoluzione, è
stato sicuramente dato dalla componente femminile. Le donne imprenditrici
agricole sono due volte giovani, per data di avvio dell'attività e per incidenza
di imprenditrici under 35. Se andiamo a vedere i dati relativi alle nuove
aziende (fondate dal 2010 a oggi), ben 4 su 10 sono guidate da donne. Rafforza
il quadro il fatto che, tra gli uomini, solo 3 aziende agricole su 10 hanno
meno di sette anni. Inoltre, attualmente, un terzo delle imprese del settore
hanno un titolare donna, con una distribuzione omogenea su tutto il territorio,
dalla pianura alla montagna. Potremmo quasi parlare di un "processo di
femminilizzazione" dell'agricoltura italiana. Un'imprenditoria
particolarmente multifunzionale, che conta ad esempio 1.371 fattorie
didattiche, accogliendo le scuole e attivando un collegamento diretto tra città
e campagna, far conoscere l'ambiente agricolo, l'origine dei prodotti
alimentari e la vita degli animali. L'intero mondo agricolo a trainare la
nostra economia, specie se lo confrontato col panorama europeo. Siamo, infatti,
al primo posto nell'Unione anche per il valore aggiunto prodotto: 31,5 miliardi
di euro, pari al 18% della quota complessiva generata dall'UE a 28. Dati che ci
pongono davanti a nazioni geograficamente ben più estese di noi, come Francia
(28,8 miliardi), Spagna (26,4 miliardi), Germania (17,5 miliardi).
Considerando, inoltre, sia agricoltura che silvicoltura e pesca, l'incidenza
del valore aggiunto sul Pil è pari al 2,2% (36,2 miliardi euro), podio europeo
subito dopo la Spagna (2,8%) ma davanti a Francia (1,7%) e Germania (inferiore
all'1%)
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