No all'espianto di vigneti di uva da tavola senza semi
realizzati prima della privativa sul brevetto internazionale. Lo hanno
stabilito i magistrati del tribunale di Bari che hanno detto no alla
californiana Ifg (International Fruit Genetics), colosso Usa delle uve apirene
(la varietà da tavola senza semi), che ha portato in giudizio un produttore
barese, ritenendo illegali le piantagioni di uve apirene avviate senza pagare
le relative royalties.
La Ifg aveva chiesto, insieme ad altre misure cautelari, lo
svellimento dei vigneti, ma i magistrati hanno rigettato questa misura
cautelare perchè realizzati prima che il colosso americano, uno tra i più
grandi breeders (ibridatori) al mondo, ottenesse la privativa sul brevetto.
Il no sarebbe basato sul Regolamento Ue che prevede solo un
indennizzo adeguato nel caso di vigneti impiantati precedentemente
all'acquisizione del brevetto, e sarebbe in linea con un orientamento chiarito,
in questo senso, anche dalla Corte di Giustizia della Ue, a dicembre scorso.
Rigettata la richiesta cautelare di espianto, rimane da
discutere il merito e sul punto si vedranno gli sviluppi futuri. Il tema
sollevato dal produttore barese è da tempo al centro dell'attenzione del mondo
produttivo viticolo da mensa per quanto riguarda i brevetti internazionali di
uve apirene, ovvero le royalties da riconoscere ai breeders e la richiesta di
commercializzare il prodotto, solo su alcune piattaforme, con ulteriori
compensi a carico dei produttori utilizzatori dei brevetti.
Anche l'Antitrust ne è stata interessata ed in questi giorni
dovrebbe essere ascoltato un gruppo di ricorrenti che hanno investito
l'Autorithy sostenendo l'esistenza di posizioni lesive della concorrenza.
La questione può avere ripercussioni di lunga durata sulla
viticoltura pugliese che copre il 75% della produzione italiana di uva da
tavola. Se da una parte infatti si sostiene, come fa Paride Lo Muzio, difensore
del produttore barese, che «la decisione del tribunale è una vittoria
importante perchè la produzione pugliese non può finire ostaggio di pochi. Non
si possono porre condizioni capestro ed i viticoltori devono essere protetti
insieme al prodotto. Urge un tavolo tra agricoltori e titolari dei brevetti».
Dall'altro lato invece si definisce fuorviante l'argomento secondo cui l'uva
pugliese è minacciata dai brevetti.
«Al pari di ogni altro diritto di proprietà intellettuale -
spiega Vincenzo Acquafredda, legale, esperto nel diritto delle nuove varietà
vegetali - il brevetto non va demonizzato perché altrimenti il rischio serio è
di non riconoscere più alcun valore alla ricerca e all'innovazione. Anzi,
proprio le diverse varietà protette di uva apirene di matrice spagnola,
californiana o israeliana hanno fatto, e continuano a fare, la fortuna
dell'intero comparto produttivo pugliese di uva da tavola seedless, senza semi.
Voltare le spalle ai brevetti e ai relativi costitutori è pericolosamente
rischioso perché potrebbe significare il collasso di un intero comparto che si
ritroverebbe con una produzione senza mercato. E significherebbe anche
rischiare di scoraggiare tutte le nuove, importanti iniziative di breeding
(dedicate proprio all'uva da tavola) anche di matrice pugliese con soggetti
pubblici e privati per la costituzione di nuove varietà "autoctone"
in grado di competere con le varietà straniere».
Sul dialogo insiste un'altra fetta di produttori, proprio
nell'ottica di non fermare l'innovazione che è nata e che si sta sviluppando
all'interno del comparto. «Serve un dialogo costruttivo tra produttori e
breeders- aggiunge Donato Fanelli, coordinatore nazionale dell' O.I. uva da
tavola -. Il rischio è infatti che, di fronte a tutta questa ostilità, l'Italia
venga cancellata dalla diffusione di cultivar dell'uva che i breeders hanno già
sperimentato investendovi milioni di dollari.Sono cultivar che noi non
abbiamo.Dobbiamo quindi dialogare e trovare un punto di equilibrio. Dunque
basta panico e nessuno stop all'innovazione».
L'arrivo di uve apirene ha determinato in Puglia, ed in
particolare nel sud est barese, una progressiva riduzione delle superfici
vitate con la varietà Italia, la cultivar con semi che ha fatto, per decenni,
la fortuna e la specificità della viticoltura pugliese. Ora però l'uva Italia
soffre, da tempo, la concorrenza delle apirene che hanno cambiato i gusti dei
consumatori. Il mercato chiede sempre di più uve apirene e per la viticoltura
pugliese la sfida è, da tempo,già in casa.
Autore: Vincenzo Rutigliano
Fonte: Agrisole – Quotidiano del settore agroalimentare
Nessun commento:
Posta un commento