In Sardegna, la più antica testimonianza delle prime forme
di apicoltura rustica è probabilmente riconducibile alla statuetta in
bronzo di Aristeo, oggi custodita presso il Museo
Archeologico Nazionale diCagliari, risalente presumibilmente al V-VII sec. a.
C. e raffigurante un giovane nudo con cinque api disposte ordinatamente sul
corpo (due sul
ventre, una sullo sterno e le altre due ai lati del collo).
L’arnia rustica
In Sardegna, l’arnia rustica o bugno è costituita da un
cilindro di sughero, mediamente del diametro di 30-45 cm e di altezza variabile
dai 60 ai 90 cm, i cui
lembi sono uniti con chiodi di legno o cuciti con giunco e i
pori o le fenditure turate con argilla o con sterco bovino; a metà altezza del
cilindro si praticano 4 fori per infilarci la cosiddetta croce di sostegno dei
favi, talvolta le croci sono due sistemate ad altezze diverse. Su tali supporti
interni sono fissati favi che per questa ragione risultano fissi, inamovibili.
Il coperchio,sempre di sughero, è fisso.
La raccolta degli sciami.
La raccolta dello sciame avviene
generalmente disponendo opportunamente un’arnia in
prossimità dello sciame e con
l’ausilio di attrattivi naturali(limone o melissa
usati per sfregare le pareti interne)si attende
l’inarniamento spontaneo delle api, oppure si procede
all’insediamento forzato previo taglio del ramo che sostiene lo sciame.
Una modalità più suggestiva adottata tradizionalmente in
Sardegna, consistente nel
catturare lo sciame ancora in volo, richiamandolo con
battiti e fischi. Durante questo rituale, che dura pochi minuti, pian
piano si orientano e convergono verso l’arnia, che poi viene
appoggiata al suolo fino alla
loro completa acquisizione.
La raccolta del miele.
La raccolta del miele dai nidi naturali, avveniva mediante
il taglio sul posto dei favi, operazione non sempre agevole in
quanto condizionata dalla dislocazione del nido e dalla sua
accessibilità.
Dai bugni può avvenire mediante il taglio della parte
superiore dei favi(sopra la croce), direttamente in apiario. Un altro modo di
smielare, più cruento, si pratica dopo l’allontanamento delle api, prelevando
tutti i favi e compromettendo così alle api
spesso la possibilità di ricostituire il nido e quindi di
sopravvivere.
Dai favi poi il miele viene estratto o per pressatura
manuale, o tramite apposite attrezzature (torchi o centirfughe).
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