Le condizioni di vita e di lavoro dei contadini e dei
pastori sardi hanno subìto profonde mutazioni proprio in quel periodo: mentre
l'agricoltura ha pagato il prezzo della rapida industrializzazione con una
crisi ed un malessere che si sono espressi nel massiccio esodo dalle campagne e
nella fatica a reimmettervi la manodopera, mentre l'artigianato ha dimostrato
una sorprendente vitalità produttiva che
potrebbe ricavare nuovi stimoli dalla rivalutazione di Antichi Mestieri dei
quali la nostra tradizione rischia di perdere anche memoria.
Ma se risulta vero che le novità significative dell'economia
e della società sarda sono da ricercarsi nella storia recente, ciò non esime dall'obbligo
di risalire agli inizi dell'800 per afferrare quali siano le motivazioni
dell'eterna situazione di stallo in cui esse si ritrovano.
Bisogna cioè risalire alla legge delle Chiudende e
all'abolizione dei feudi, tra il 1820 ed il 1836, ed alla nascita, alla fine
dell'800, dell'industria lattiero casearia.
Momenti storici che hanno inciso profondamente, secondo gli studiosi,
sui lineamenti di agricoltura e pastorizia, sulle tecniche di produzione, sui
rapporti sociali e addirittura sui costumi e la mentalità.
Con ciò non si vuole sostenere che le condizioni di vita dei
contadini e pastori siano rimaste immobili per millenni. Tutt'altro. Si vuole
solo ribadire che le innovazioni "tecnologiche", soprattutto degli
ultimi decenni, hanno condizionato profondamente la fisionomia
dell'agricoltura, della pastorizia, e di alcuni Antichi Mestieri, decretando la
fine di un'epoca millenaria e introducendo nel contempo la meccanizzazione, il
che, di riflesso, ha determinato – ad esempio – la fine dell'utilizzo di animali
da lavoro e la dismissione di attrezzi unici nel loro genere per la lavorazione
di molti prodotti.
In special modo nel settore agricolo, addirittura, per la
prima volta nella sua esistenza la nostra isola ha vissuto la trasformazione
della vita produttiva contemporaneamente al resto dell'Europa, passando
dall'aratro di legno all'aratro di ferro in agricoltura, dal sughero e dal
legno al metallo nella pastorizia e dalle tecniche casearie che non prevedevano
la cottura del latte ovino a quelle introdotte dai caseifici abruzzesi e
laziali che invece la prevedevano. Partendo da questa considerazione di
carattere generale, va poi espressa qualche differenziazione per la pastorizia.
In Sardegna l'uomo pastore ha acquisito nei secoli
un'esperienza tramandata di generazione in generazione ma al contrario degli
agricoltori ha subìto un processo di metamorfosi più rallentato. Solo poche
aziende infatti dispongono di macchine per la mungitura automatica e pochi
ancora sono i pastori che cedono alle tentazioni della modernità concedendo
rifugi (peraltro solo di notte e di inverno) artificiali alle proprie greggi.
D'inverno come d'estate, sui monti e nelle valli dell'isola, tende ancora a
resistere la consuetudine di lasciare le greggi all'aperto o, al massimo dentro
i cuiles, dei recinti appositamente realizzati con i tradizionali muretti a
secco.
La pecora sarda, infatti, è in grado, per caratteristiche
naturali di sfruttare terreni di ogni tipo: buoni e scadenti e riesce a
insinuarsi grazie alla sua taglia fra i cespugli e tra le rocce alla ricerca
del pascolo risultando resistente alle intemperie ed alle avversità
atmosferiche e rimangono vivi costumi come quello delta transumanza e
"riti" come quelli della tosatura e della mungitura, eseguiti con perizia
fuori dal comune da quasi tutti i pastori dell'isola.
Per quanto attiene II lavoro degli agricoltori va detto che
in diverse parti della Sardegna resiste una realtà rurale che solo da poco
inizia positivamente a convivere con le esigenze di modernizzazione del comparto
affrancando i contadini da condizioni di vita al limite del disumano.
L'uso delle macchine é molto diffuso nella raccolta delle
olive, dell'uva, nell'estrazione delle patate. E persino i campi di ortaggi e
foraggi vengono ormai arati da potenti trattori ed irrigati con pompe a motore
semoventi.
L'artigianato, dopo la pastorizia e l'agricoltura
rappresenta perô il comparto produttivo più interessante dell'isola. Buona
parte delle imprese artigiane sarde (che offrono lavoro a circa quindicimila
addetti) si occupa del fondamentale compito di mantenere vive le usanze e le
tradizioni della Sardegna.
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