Qualità, designazioni di origine e tracciabilità rendono il
prodotto una vera e propria eccellenza. Importante anche l'educazione dei
consumatori, come evidenziato nel convegno "Evoluzione del sistema della
qualità olivicola".
Sarà la qualità a spingere l'olio d'oliva italiano alla
conquista dei mercati mondiali. Questo, in estrema sintesi, quanto emerso nel
corso del convegno "Evoluzione del sistema della qualità olivicola"
tenutosi a Roma, presso la sede Coldiretti e organizzato da Unaprol nell'ambito
delle celebrazioni per la Giornata mondiale dell'olio di oliva indetta dal Coi
(Consiglio oleicolo internazionale di Madrid).
All'incontro hanno partecipato: Maurizio Servili
dell'Università di Perugia; Nicola di Noia, responsabile settore olio di
Coldiretti; Pietro Sandali, direttore generale Unaprol; Mauro Quadri,
responsabile settore olio di oliva del Mipaaf; David Granieri, presidente di
Unaprol e Colomba Mongiello, vicepresidente Commissione parlamentare
d'inchiesta anticontraffazione.
I lavori sono stati aperti dalla relazione di Servili,
incentrata sugli aspetti nutrizionali, le proprietà sensoriali e l'innovazione
tecnologica degli oli extravergine.
Il lavoro di Servili ha evidenziato negli oli greci e
italiani i valori più alti in termini di contenuti di acido oleico (in un range
tra il 47 e l'84%) e, più in generale, una maggiore presenza nel nostro
prodotto nazionale di quegli elementi che rendono l'extravergine italiano un
vero e proprio 'alimento della salute'.
Secondo Servili, a livello di qualità le nuove tecnologie
permettono di evidenziare un significativo incremento dei composti volatili
responsabili del fruttato a fronte di una riduzione dei polifenoli e della resa
in estrazione. Questi aspetti negativi, tuttavia, sarebbero mitigati da una
lavorazione a temperature prossime ai 30 gradi e dall'aumento del tempo di
gramolatura a 15 minuti.
L'introduzione nell'ultimo biennio degli scambiatori di
calore delle paste in post frangitura, inoltre, ha permesso di migliorare il
quadro aromatico e potenziare il contenuto fenolico.
Gli interventi di Nicola Di Noia e Pietro Sandali si sono
focalizzati prevalentemente sull'importanza delle Dop nel loro ruolo di apripista
alla qualità generalizzata, generato dall'introduzione in un settore
estremamente eterogeneo di ferrei disciplinari comuni e sulla necessità di
'educare' il consumatore.
Di Noia ha inoltre voluto sottolineare l'importanza della
tracciabilità dei prodotti, mentre Sandali ha ricordato come nel nostro paese
per il settore olio ci siano attualmente 44 designazioni di origine, di cui 42
Dop e 2 Igp riconosciute, che generano un valore di circa 56 milioni di euro,
40 dei quali derivati dall'export.
In base ai dati comunicati, si registra una inversione di
tendenza con lo spostamento dell'attenzione dalle Dop alle Igp.
"I vantaggi sarebbero maggiori per quelle imprese i cui
oli extra vergine - ha spiegato Sandali - sarebbero direttamente collegati al
nome di una determinata regione; più esteso il bacino di approvvigionamento;
più comunità amministrate coinvolte; più ricchezza distribuita sul territorio;
maggiore la superficie olivicola interessata che potrebbe fare leva sull'ambito
riconoscimento comunitario".
Qualità e innovazione sono stati al centro anche
dell'intervento di Colomba Mongiello, che ha esordito con l'esortazione ad
aumentare drasticamente la produzione, anche ricorrendo a scienza e tecnologia,
ma senza snaturare i paesaggi degli olivi secolari con impianti superintensivi.
Concorde con la necessità di educare i consumatori, la
Mongiello ha voluto ricordare i "passi da gigante" compiuti negli
ultimi anni, dalla 'Legge salvaolio' al tavolo di filiera e
all'interprofessione. Tutti elementi che permettono all'Italia di avere maggior
voce e peso al Coi e in Europa ma che, sempre secondo la Mongiello, non devono
distogliere i produttori dall'inseguire strenuamente la qualità, unico elemento
in grado di far prevalere l'olio italiano sui mercati di tutto il mondo.
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