“Il Protocollo di filiera del grano duro siglato a Roma lo
scorso dicembre ha dato inizio ad un percorso che entra ora nella fase operativa, con la stesura di un
disciplinare ad hoc per il miglioramento qualitativo delle produzioni”. Lo ha
annunciato la Coordinatrice del settore Cereali dell’Alleanza cooperative
agroalimentari Patrizia Marcellini nel suo intervento ai Durum Days, l’evento
internazionale sul grano duro a cui partecipano tutti i soggetti della filiera
in corso di svolgimento oggi a Foggia.
Lo strumento principe per la competitività del comparto
restano i contratti di filiera che, come ha spiegato il presidente di Copagri
Franco Verrascina, “devono servire a tutelare gli interessi economici degli
agricoltori da un lato e fornire con continuità materia prima all’industria
molitoria con caratteristiche certe, concordate e funzionali ad ottenere un
prodotto di qualità. Siamo d’accordo inoltre sul fatto di voler valorizzare i
grani antichi e quelli biologici perché il mercato è sempre più in espansione.
Dobbiamo impegnarci per una produzione di pasta con il 100% di grano italiano,
così come il consumatore chiede ed è disposto a premiare”.
“Da anni gli agricoltori italiani producono prodotti di
qualità ma troppo spesso senza un adeguato riconoscimento economico”, ha
sottolineato il vice presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani Mauro Di
Zio. “L’agricoltura di precisione è una strada straordinaria e obbligata per
ridurre i costi, migliorare l’ambiente, valorizzare la qualità e rendere più
competitivo il settore. Ad oggi però in
Italia solo l’1% dei terreni è coltivato con tecniche di agricoltura di
precisione e il prodotto grano duro è quotato 20 euro al quintale. Servono politiche
di sistema in grado di favorire processi di innovazione capaci di rendere più
competitive le imprese agricole e meccanismi di maggior trasparenza per la
definizione dei prezzi di mercato.”
A pesare sulla competitività del comparto del grano duro è
sicuramente la frammentazione della produzione, che – come ha sottolineato
Nicola Gatta, presidente federazione di prodotto Cereali di Confagricoltura –
“ci impone di sviluppare strategie di aggregazione a livello agricolo, ma anche
sinergie nell’ambito della filiera – come abbiamo provveduto a fare con la
sottoscrizione del protocollo di dicembre scorso tra parte agricola,
cooperazione e industria - fine di
modificare gli sviluppi di un comparto di qualità che potrebbe essere tra i più
redditizi della nostra agricoltura. Per questo è necessario individuare un
percorso condiviso che miri ad aumentare la produzione di grano di alta qualità
idoneo alla pastificazione, anche proveniente da coltivazioni sostenibili, e
sviluppare modelli di contrattazione premiali, tenendo conto anche delle
differenti condizioni di coltivazione sul territorio”.
Per Cosimo de Sortis – Presidente Italmopa, “il protocollo
d’intesa frumento duro del mese di dicembre testimonia la volontà di superare
in modo pragmatico le indubbie criticità che contraddistinguono una delle filiere
simbolo del made in Italy: maggior rispondenza della produzione nazionale di
frumento duro alle esigenze quantiqualitative dell’industria della
trasformazione, necessaria valorizzazione della materia prima nazionale,
adeguamento delle strutture logistiche.
Ma le dichiarazioni di intento non bastano. Abbiamo il dovere di
individuare azioni e strumenti in grado di rispondere a queste sfide, di
incrementare la competitività di una filiera che si è drammaticamente
impoverita nel corso degli anni e di restituire dignità a tutti gli attori che
la compongono. L’industria semoliera intende proseguire su questa strada in
modo convinto e responsabile. E lasciamo ancora più convintamente ad altri la
bandiera della sterile e deleteria contrapposizione basata sulla distorsione
dell'informazione.”
Sulla qualità della pasta italiana ha posto l’attenzione
anche Riccardo Felicetti – Presidente pastai italiani Aidepi, per il quale
“oggi più che mai, in un contesto di competizione globale, il differenziale
qualitativo rappresenta il valore aggiunto della pasta italiana. Qualità non
solo nella ricerca e selezione delle migliori materie prime e nel processo di
trasformazione, ma come capacità di interpretare l’evoluzione dei mercati in
funzione dei cambiamenti sociali, etici ed economici che caratterizzano i
nostri tempi: il consumatore di oggi è molto esigente e attento alla relazione
con il territorio al legame con la tradizione ma anche agli aspetti
nutrizionali della pasta come dimostra la crescita a doppia cifra della pasta
integrale”.
Mauro Acciarri, delegato Cereali Compag, ha voluto
evidenziare l’importanza di “un ammodernamento dei centri di stoccaggio, per
più ragioni. La prima è per permettere la separazione delle partite per
tipologie omogenee così da poterle poi smistare in modo razionale e ponderato.
L’ammodernamento e l’informatizzazione dei centri di stoccaggio risultano poi
importanti per riuscire a tracciare il prodotto in tutte le fasi del suo
processo produttivo, dalla semina alla distribuzione, e questo a garanzia della
sua qualità. Si potrebbe così avere certezza dell’intero processo di filiera,
riuscendo anche a pianificare la gestione delle scorte sulla base delle
esigenze primarie (pasta, pane e altri usi). L’industrializzazione 4.0, che dà
aiuti contributivi a quanti investono per l’ammodernamento digitale e
informatico, verrebbe tra l’altro in aiuto”.
Fonte: Confagricoltura
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