
E se invece avete bisogno di approfondire questi articoli vi
potranno dare una mano (La plastica che mangiamo, Un mare di plastica. Dalle
isole di rifiuti alla minaccia invisibile delle microplastiche, Togliamo la
plastica dalla nostra tavola).
Oggi invece vi diamo qualche dritta per ingerire quanta meno
plastica possibile.
Perché se non si può evitare del tutto di buttar giù
microplastiche e sostanze chimiche che compongono la plastica (sono davvero
ovunque, anche nella polvere domestica) possiamo però pensare di darci un
grosso taglio. Sicuramente il primo passo, spero per voi inevitabile, è quello
di non comprare e non mangiare più cibo e bevande che sono confezionati in
plastica. Anche se è quasi impossibile da fare, avverte Sherri Mason, Ph.D.,
coordinatrice della sostenibilità presso il Penn State Behrend College e
chimica, che ha studiato la presenza di plastica in acqua di rubinetto, birra,
sale marino e acqua in bottiglia (risultati dello studio qui).
Ma questi piccoli stratagemmi possono aiutare a evitare
almeno la plastica extra.
Bere l’acqua del rubinetto.
Sei trucchi per mangiare meno plasticaL’acqua potabile è tra
gli elementi che maggiormente contribuiscono all’ingestione di microplastica.
Secondo quanto verificato da Mason però l’acqua in bottiglia (di plastica) ha
circa il doppio del livello di microplastica dell’acqua del rubinetto. Inoltre,
alcune acque imbottigliate hanno anche dimostrato di avere alti livelli di
sostanze chimiche PFAS. Insomma, scegliete l’acqua del sindaco o se avete la
possibilità raccoglietela da qualche fonte in montagna.
Non riscaldare il cibo in plastica. La plastica riscaldata
rilascia prodotti chimici nel cibo. Meglio anche evitare la lavastoviglie.
Evitare contenitori di plastica per alimenti con problemi
noti. Imballaggi con codici di riciclaggio “3”, “6” e “7” indicano
rispettivamente la presenza il PVC/ftalati, il poliestere/stirene e
policarbonato/Bisfenolo A, quindi si consiglia di evitare di utilizzare
contenitori che hanno quei numeri nel simbolo di riciclaggio sul fondo. Se
invece gli imballaggi sono etichettati come “biobased” o “greenware”, non
contengono bisfenoli.
Mangiare più cibo fresco. E questo non ci stanchiamo di
ripetervelo. Anche se i livelli di microplastica nei prodotti freschi sono
stati in gran parte non testati, questi prodotti hanno meno probabilità di
esporvi a sostanze chimiche. Oltre ad essere più sani, perché più ricchi di
nutrienti, più buoni e più ecologici.
Ridurre al minimo la polvere domestica. Insomma ragazzi
diamoci da fare con le pulizie domestiche. La polvere può esporre le persone a
sostanze chimiche, inclusi ftalati, PFAS e ritardanti di fiamma.
Pensiamo in grande. Se tutti possiamo intraprendere azioni
per ridurre il consumo di plastica, è anche vero che sono necessarie azioni su
larga scala. Quasi nessuna plastica è effettivamente riciclabile o riciclata. E
questo è particolarmente vero per il packaging del cibo.
Si prevede che la produzione di plastica quadruplichi entro
il 2050, il che significa che la quantità di contaminazione della plastica
nell’ambiente farà altrettanto.
E allora diamo quei segnali forti che la moltitudine può
dare. Evitiamo la plastica mono uso, preferiamo lo sfuso, facciamo sempre la
differenziata e cerchiamo di scegliere contenitori in plastica riciclata.
Insomma proviamo a evitare almeno questa catastrofe annunciata.
Fonte
https://www.consumerreports.org/food/how-to-eat-less-plastic-microplastics-in-food-water/
di Michela Marchi
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