
La “Rete del lavoro agricolo di qualità” è un organismo,
promosso dal ministero e istituito presso l’Inps, che si concretizza in un
elenco “certificato” di imprese agricole – a seguito di domanda presentata
dalle stesse all’INPS - in regola con le disposizioni in materia di lavoro,
legislazione sociale, imposte sui redditi e valore aggiunto. I manager della
Gdo lla vedono così: «Ci siamo quindi rivolti alla filiera per stimolare
comportamenti etici e responsabili, in linea con la nostra visione e con le
nuove esigenze dei consumatori. Il tema del lavoro in agricoltura è
estremamente critico: occorre prendere iniziative per garantire legalità e
rispetto dei contratti». Dal loro punto di vista anche lo Stato deve «aiutarci
rendendo semplice e veloce l’iscrizione delle imprese agricole certificate.
Siamo convinti che lavorando insieme, imprese e istituzioni, si possano
ottenere risultati importanti, per sconfiggere una piaga che affligge il nostro
Paese».
Secondo la ministra «non esistono filiere sporche, e non
esiste una cattiva distribuzione. Esistono imprese che si pongono fuori dalla
legge o che impongono meccanismi che rischiano di minare interi settori. Non
possiamo consentirlo. Per questo è urgente recepire la direttiva europea contro
le pratiche sleali ed estendere la sua portata a tutti i soggetti, anche a
tutela degli acquirenti». Poi ha aggiunto: «Una distribuzione attenta ai
fornitori, attenta alla sostenibilità economica, sociale e ambientale è uno dei
perni su cui si può costruire il cambiamento. Una distribuzione che rinuncia a
una pratica come le aste al doppio ribasso va valorizzata. Perché quello
strumento è caporalato in giacca e cravatta e va combattuto come va combattuto
il caporalato dovunque si annidi».
Fonte: La Stampa
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