Con Agricoltura Sociale (A.S.), come richiamato dalla legge
18 agosto 2015 n. 141, si intendono le attività esercitate dagli imprenditori
agricoli e rivolte a: 1) inserimento socio-lavorativo di lavoratori con
disabilità e di lavoratori svantaggiati inseriti in progetti di riabilitazione
e sostegno sociale; 2) prestazioni e attività sociali e di servizio per le
comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali
dell’agricoltura; 3) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le
terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le
condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti
interessati; 4) progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare,
alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza
del territorio.
L’A.S. è quindi un insieme di pratiche sociali e di attività
agricole che si realizzano nell’ambito della multifunzionalità dell’impresa
agricola. Il valore aggiunto dell'A.S. è la possibilità di integrare le persone
svantaggiate in un contesto di vita dove il potenziale personale può essere
valorizzato. La presenza e le relazioni con i coltivatori, il contatto con
altri esseri viventi, sia animali che vegetali, l'assunzione di specifiche
responsabilità sono alcune delle caratteristiche chiave delle pratiche
riabilitative determinate dall'A.S.
L'A.S. rappresenta anche una nuova opportunità per gli
imprenditori agricoltori di portare avanti servizi connessi, ampliando e
diversificando lo scopo della loro attività e del loro ruolo nella società.
L'integrazione tra pratiche agricole e servizi sociali può anche permettere
nuove forme di guadagno per gli imprenditori agricoli, migliorando allo stesso
tempo l'immagine dell'agricoltura nella società e favorendo lo sviluppo di
nuove relazioni tra cittadini rurali e urbani. Per introdurre nel mondo
produttivo persone che esprimono disagio sociale o disabili occorre cercare di
mantenere, valorizzare e integrare le caratteristiche e le peculiarità del
settore agricolo e di quello sociale, che si devono incontrare per raggiungere
questi obiettivi.
È importante, soprattutto, rispettare le proprietà che
riguardano la vocazione e le professionalità di ciascun settore, tenendo
presenti alcune specificità di ognuno. Nel mondo agricolo il settore delle
relazioni è un po' diffidente, più chiuso rispetto alle dinamiche territoriali;
opera in reti di mercato e di filiera; il personale di solito è minimo.
L'imprenditore agricolo parte dal pratico (dal quotidiano), ma la sua
programmazione dei lavori è totalmente volta al futuro (es. semina-raccolto) ed
è abituato ai tempi lunghi e alle attese. Nel mondo sociale, invece, il settore
delle relazioni è aperto e costruisce una solida rete di rapporti con il
territorio; il personale opera sempre in team, con un'équipe ampia e variegata,
l'approccio al lavoro spesso parte dal teorico e passa poi al pratico; il
settore è infine costretto a volte a lavorare in emergenza, con tempi spesso
frenetici. I disabili, inoltre, che sono quelli che si vuole coinvolgere,
spesso non hanno sufficienti esperienze professionali. L'impegno, nella fase
iniziale, deve quindi essere volto a costruire un percorso di introduzione a un
nuovo ruolo, che comporta responsabilità, orari, ruoli gerarchici da
rispettare, compiti da eseguire e precise norme di comportamento. In un
progetto di tipo lavorativo occorre procedere all'inserimento degli utenti con
gradualità, prestando attenzione all'incremento e al possesso delle abilità
professionali, sociali e relazionali, adeguandole al luogo di lavoro e
verificando se vi sono delle incongruenze fra il comportamento richiesto
dall'azienda e quello della persona.
Il processo produttivo deve, però, essere credibile.
Occorre, quindi, definire specifici protocolli che tengano conto da una parte
dell'assoluta sicurezza dei fruitori e dall'altra del fatto che la singola
operazione colturale, oltre ad essere gratificante, deve determinare un
miglioramento dello stato generale di salute e delle capacità del soggetto
coinvolto.
Le attività agricole si prestano bene a questi scopi e non
perché “facili” – molte operazioni industriali sono, infatti, molto più
semplici – ma perché possono essere eseguite in modi sempre diversi e
necessitano del rispetto dei tempi biologici – c'è “un tempo per piantare e un
tempo per sradicare ciò che è piantato” (Ecclesiaste 3.2) – per cui non
diventano alienanti, come lo è la catena di montaggio, e possono essere
estremamente gratificanti. L'orticoltura terapeutica e l'agricoltura sociale
aprono quindi nuovi orizzonti, trasformano l'agricoltura stessa in
“agri-cultura”, un'attività a misura d'uomo, che lo completa e lo ricollega
alle proprie radici.
Autore: Daniela Romano
Fonte: Accademia dei Georgofili
Nessun commento:
Posta un commento