"A distanza da un anno dalla nostra ultima riunione
assembleare, molte cose sono cambiate, e non tutte per il meglio", queste
le parole di Marco Salvi presidente dell'associazione Fruitimprese, in
occasione del convegno dal titolo: "Brexit e nuovi protezionismi. Quali
scenari per il commercio ortofrutticolo", svoltosi ieri, 20 aprile 2017, a
Roma.
Che la storia sia andata in direzioni imprevedibili, è stato
sottolineato anche dal moderatore della giornata, il giornalista RAI Franco di
Mare, il quale in apertura dei lavori ha fatto riferimento alla teoria del
cigno nero: ossia quell'evento imprevisto e non calcolato, che però rischia di
mutare improvvisamente un dato quadro di riferimento, costituendone una svolta
verso un altro paradigma.
E i "cigni neri" non sono certo mancati, in tempi
recenti, nello scenario generale degli assetti geopolitici: chi avrebbe mai
scommesso sull'esito positivo del referendum sulla Brexit o sull'elezione alla
presidenza americana di Donald Trump? Questi e altri fenomeni, quali ad esempio
le cosiddette primavere arabe o l'embargo russo, hanno di gran lunga complicato
la situazione per tutti i settori produttivi italiani, agroalimentare e
ortofrutticolo incluso.
Certo è che, nonostante tutti questi aspetti imprevisti, la
bilancia commerciale per la frutta e verdura italiana risulta ancora positiva,
anche nell'anno 2016 (cfr. anche precedenti dati ICE). Tutto sta a vedere cosa
accadrà da qui in avanti.
Tuttavia, dovendo necessariamente sintetizzare per i nostri
lettori quanto emerso nel convegno di ieri, appare evidente che gli ostacoli
per un rilancio del nostro Paese sono tutti interni all'Italia stessa.
Non lasciano dubbi, a tal proposito, le analisi prodotte da
Nomisma nell'occasione, grazie all'intervento del managing director Andrea
Goldstein (in foto qui sopra): un PIL tuttora stagnante, uno scarso livello di
investimento, un risparmio e un consumo delle famiglie che stentano a ritrovare
l'equilibrio, una carenza in termini di libera concorrenza. Insomma, un paese
che appare quantomai inchiodato e che figura, tra l'altro, agli ultimi posti di
ogni classifica, come si evince dalla tabella sottostante.
E le regole nazionali non aiutano. Basti pensare a quanto
emerso dall'analisi della Corte dei Conti, come ricordato dal presidente Salvi:
l'Italia sconta un carico fiscale che non ha paragoni in tutto il resto
dell'Unione Europea per non parlare dello spaventoso numero di norme e leggi di
emissione statale, regionale, comunale o di altri Enti (si stima che vigano in
Italia dalle 160 alle 170mila norme!), spesso contraddittorie tra loro e di non
facile interpretazione, che non agevolano il compito delle imprese italiane
nell'agire, decidere, o fare investimenti.
Sentire imprenditori del settore, del calibro di Pino
Calcagni (Besana SpA) o Michelangelo Rivoira (Gruppo Rivoira/Kiwi Uno) -
intervenuti alla tavola rotonda conclusiva - costretti a rivolgersi alle
Ambasciate all'estero di Paesi diversi dall'Italia per risolvere questioni
burocratiche, fitosanitarie o solo per avere contatti di un certo livello, fa
seriamente riflettere sulla capacità di accompagnamento dell'istituzione
pubblica a imprese che lottano disperatamente alla ricerca di nuovi mercati,
nel tentativo di rimanere competitive laddove altre nazioni hanno già applicato
con successo un formidabile gioco di squadra.
L'assenza nella sede del convegno del ministro Maurizio
Martina - del quale era previsto un intervento e che pure ha voluto trasmettere
per iscritto un messaggio di ottimismo all'assemblea - denota la fase di difficoltà,
da parte della politica italiana, a mantenere il passo con le esigenze
dell'impresa. Da questo punto di vista, l'esortazione del neo presidente di
Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, all'attuazione di un piano di rilancio
che punti sulla competitività dell'agroalimentare italiano o l'appello di Marco
Salvi perché al settore ortofrutticolo siano date l'attenzione e l'importanza
che merita suonano, nonostante le buone intenzioni, come voces clamantes in
deserto.
Lo stesso Giansanti ha portato, in apertura del proprio
intervento, l'esempio del divario abissale tra il costo del gasolio in Spagna e
in Italia: solo uno tra le miriadi di fattori che debilitano la possibilità per
l'impresa italiana di rimanere competitiva, aldilà della spendibilità del concetto
di made in Italy.
La tavola rotonda (foto sopra) che ha seguito gli interventi
dei principali relatori, e che ha visto la partecipazione, tra i già menzionati
Calcagni e Rivoira anche di Nicola Cilento (per Confagricoltura), Annibale
Pancrazio (della Pancrazio SpA), e Salvatore Parlato (presidente CREA), ha
chiaramente mostrato lo scollamento tra l'energia ancora vitale delle imprese
del settore ortofrutticolo e la mole di ostacoli, tutti di natura interna, che
sono costrette ad affrontare: dalla burocrazia, all'incertezza politica
scaturita dalla sconfitta del precedente Governo al referendum di dicembre,
fino alla mancanza - tutt'ora - di una legge elettorale che garantisca un nuovo
Governo stabile al Paese.
In tutto questo, il neo protezionismo statunitense o la
stessa Brexit sembrano quasi i problemi minori. Come sottolineato infatti da
Pancrazio, questi paesi esteri rimarranno per molto tempo deficitari in termini
di produzione interna e dunque importatori netti di derrate agroalimentari
estere, tra cui quelle italiane.
Più urgente sarebbe avviare quelle trattative sui protocolli
fitosanitari, in grado di diversificare e ampliare il parco di potenziali
clienti per le produzioni ortofrutticole italiane. Ancora oggi il mercato
cinese, ad esempio, che pure ha mostrato di essere molto promettente per il
kiwi, rimane precluso ad altre produzioni di punta, quali mele, pere o
drupacee, diversamente da quanto già altri Paesi europei riescono a inviare
verso quel continente.
Tristemente significativa, al riguardo, la slide mostrata
dal presidente Salvi, sulla rotta della linea ferroviaria che oggi collega, in
soli 21 giorni, la Spagna alla Cina. Tutte le tappe di questa infrastruttura
sono situate al di fuori dell'Italia, che non è pertanto in grado di avvalersene.
Le prospettive a breve, ma anche a medio termine per quanto
riguarda la situazione italiana non lasciano molto spazio all'ottimismo: e che
la questione sia non soltanto imprenditoriale, ma prima di tutto politica, è
emerso chiaramente dal confronto tra gli operatori. L'urgenza dei tempi
imprenditoriali non trova alcun riscontro nei tempi politici ed è questo il
vero ostacolo alla competitività di un intero settore.
Qualche timido segnale positivo si coglie dalla decisione di
riattivare i finanziamenti alla ricerca scientifica, soprattutto nel campo del
miglioramento varietale mediante tecniche genetiche avanzate come il genome
editing: parliamo tuttavia di una goccia nell'oceano, se si pensa - come
riferito dal Presidente del CREA - che l'investimento complessivo atteso sarà
di 21 milioni di euro per tutte le cultivar, a fronte dei ben 100 milioni di
euro che la Germania ha destinato esclusivamente alle patate biotech.
Insomma, l'Italia tenta di rispondere, ma lo fa
tardivamente, in un contesto in cui gli indicatori macroeconomici non lasciano
ancora spazio alla speranza di una reale ripresa economica.
In un contesto in cui tra l'altro, come ricordato in
apertura da Leonardo di Gioia, assessore all'agricoltura della Regione Puglia e
coordinatore nazionale di tutti gli omologhi assessori agricoli d'Italia, va
adesso a ridefinirsi la stessa politica agricola comunitaria (PAC), con il
rischio della messa in dubbio di strumenti finora sostanziali alla
sopravvivenza della filiera produttiva, quali l'OCM ortofrutta. Appare dunque
sempre più necessario che l'impresa trovi rapidamente delle alternative per
mantenere la competitività.
In questo senso, possono essere lette come propositive e
costruttive le relazioni finali degli sponsor, Unitec e Bestack, su quelli che
sono ad oggi gli strumenti tecnologici o di packaging che le aziende possono
autonomamente utilizzare, al fine di creare valore nella propria offerta
commerciale.
Dovrà dunque il settore ortofrutticolo cominciare a fare a
meno della politica e cercare di cavarsela da solo, come per molti aspetti ha
già dimostrato di saper fare? Questo è forse il quesito più importante che la
68ma Assemblea Fruitimprese lascia a tutti noi.
Autore: Rossella Gigli
Fonte: FreshPlaza
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