Abbiamo perso per strada 350mila tonnellate di carne. E'
accaduto in dieci anni, durante i quali i consumi sono scesi di quasi l'8%. E
siamo passati da 80,4 kg di carni pro capite consumati nel 2005 ai soli 74,5%
del 2015, quasi l'8% in meno. Le cose vanno persino peggio nel comparto
lattiero caseario, dove in appena 5 anni i consumi sono scesi dell'11%.
A salvare latte e carne italiani da una altrimenti inevitabile
debacle sono state le esportazioni.
Nel caso della carne, gli ultimi dieci anni hanno visto
crescere del 75% le nostre vendite sui mercati stranieri.
Analoga la situazione per il comparto del latte, con
l'export cresciuto del 92%, più del 72% registrato dall'insieme delle nostre
esportazioni di tutto il comparto agroalimentare.
Salumi e formaggi
Sono questi alcuni dei “numeri” emersi dalle analisi di
Nomisma, Agrifood Monitor e Crif, presentati in occasione di Cibus Connect, che
si è svolto a Parma e il cui resoconto è riassunto da AgroNotizie del 18
aprile.
Più in dettaglio, nel comparto carne la crescita dell'export
è stata guidata dai salumi, che in valore ha raggiunto 1,6 miliardi di euro,
oltre la metà dell'intero export di carne, il doppio rispetto a dieci anni fa.
Nel comparto del latte la parte del leone è svolta dai
formaggi, con i suoi 2,4 miliardi di euro, l'82% di tutto l'export lattiero
caseario. Il tasso di crescita nelle vendite all'estero è stato straordinario,
il 92% nel volgere di due lustri. Un trend che prosegue ancora oggi, sia per il
latte, sia per la carne.
Si può fare di più
Tutto bene, dunque, per latte e carne italiani? Non è così e
l'andamento dei mercati, con il prezzo di carne e latte in perenne sofferenza,
è lì a dimostrarlo.
Il nostro export continua a macinare record, ma stentiamo a
mantenere il passo nella competizione mondiale e ci facciamo superare da Paesi
che non possono vantare le nostre eccellenze in campo alimentare.
I salumi e la Brexit
Sul fronte dei salumi il mercato mondiale ha un valore di 21
miliardi di euro, che per l'Italia si ferma a circa 1,6 miliardi, il 7,7% del
totale. Uno dei principali mercati è quello inglese (da solo vale il 16% del
totale), dove l'Italia figura fra i principali fornitori (11%), ma dietro a
Germania (21%) e Francia (17%).
Insomma ci sono ampi spazi di crescita. Prosciutti e
mortadelle, che figurano fra i prodotti più consumati Oltremanica, dovranno
fare i conti con la Brexit e con le nuove regole che potrebbero incidere sul
prezzo finale.
Già oggi un freno al consumo dei nostri salumi sul mercato
inglese deriva dal prezzo elevato. Un problema che la Brexit potrebbe
accentuare. Quasi un invito a cercare nuovi mercati per i nostri salumi.
Formaggi, Italia solo quarta
Per il settore lattiero caseario i protagonisti del commercio
mondiale sono i formaggi, con un valore complessivo di oltre 24 miliardi di
euro.
Al primo posto fra i big dell'esportazione mondiale troviamo
la Germania, seguita da Francia e Olanda.
L'Italia, a dispetto dei suoi grandi formaggi, è solo al
quarto posto. In compenso siamo al primo posto nell'export verso gli Usa, dove
il nostro Paese conquista il 17% come volumi di vendite e con interessanti
prospettive di crescita.
Ancora piccolo (380 milioni euro), ma molto promettente è il
mercato cinese, con tassi di crescita del 118% negli ultimi tre anni.
Chi investe è premiato
Ma bisogna fare i conti con una concorrenza sempre più
agguerrita, che impone forti investimenti alle aziende che vogliono spingere
sull'export.
Investimenti ripagati dal miglioramento dei margini,
altrimenti erosi da un mercato interno in contrazione. Una conferma che il
futuro di latte e carne passa sempre più dall'export.
Fonte: Agronotizie
Autore: Angelo Gamberini
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