
Secondo i dati del rapporto «Agromafie e caporalato»
dell’Osservatorio Placido Rizzotto, sono 400 mila i braccanti agricoli
impegnati nella raccolta di pomodori, di cui almeno 100 mila, cioè un quarto,
subiscono forme di ricatto lavorativo e vivono in condizioni disumane. Lavorano
dalle 8 alle 12 ore al giorno, per una paga media di 3 euro l’ora, il 50 per
cento in meno di quanto previsto dalle norme nazionali. Purtroppo, il fenomeno
dello sfruttamento del lavoro non riguarda solo la Puglia e il pomodoro, ma è
stagionale e tocca altre parti d’Italia, basti pensare alla raccolta delle
arance.
I nuovi schiavi delle campagne italiane sono una delle
conseguenze dello strapotere della Grande distribuzione organizzata nella
commercializzazione di prodotti alimentari, spesso venduti a prezzi inferiori
al costo di produzione. Gli imprenditori agricoli, per salvare le proprie
aziende e non lavorare completamente in perdita, si rifanno sull’ultimo anello
della filiera, il più debole, cioè i braccianti che faticano e sudano nei campi
per pochi euro l’ora, tutti i giorni. Con tutti i rischi che ciò comporta sia
sui luoghi di lavoro, sia nel tragitto verso le bidonville in cui spesso sono
costretti a vivere.
Per uscire da questo circolo vizioso fatto di sfruttamento,
azzeramento dei diritti e violenza, Slow Food Italia propone l’obbligatorietà
del prezzo all’origine: su ogni etichetta deve essere indicato quanto è stato
pagato il prodotto agricolo al contadino, in modo che il consumatore possa
scegliere catene di trasformazione e di distribuzione che privilegino la
remunerazione del lavoro nei campi allo sfruttamento e al nuovo schiavismo.
«Facciamo appello – aggiunge il Comitato esecutivo di Slow
Food Italia – a tutti i consumatori: quando andiamo ad acquistare i frutti
della terra dobbiamo prestare la massima attenzione a non diventare complici di
questo neo-schiavismo, evitando di scegliere sempre le offerte al ribasso o
marchi della Grande distribuzione che praticano politiche dei prezzi aggressive
e non etiche. Quando spendiamo i nostri soldi dobbiamo fare la differenza,
privilegiando aziende e marchi che facciano della sostenibilità e dell’eticità
un pilastro del proprio business. Il cibo deve essere un motore di cambiamento
per la nostra società. Come Slow Food ci crediamo e investiamo tutte le nostre
risorse ideali. Il tema è al centro delle nostre politiche e sarà al centro di
Terra Madre Salone del Gusto, la manifestazione che dal 20 al 24 settembre a
Torino si svolgerà all’insegna dell’espressione #foodforchange, in cerca di un
“cibo per il cambiamento” più equo per tutti».
Fonte: Slow Fodd Italia
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