Cosa
sono e perché sono fondamentali per l'evoluzione dell'agricoltura? Di questo si
è parlato durante un incontro internazionale a Sofia, in Bulgaria, organizzato
dalla Commissione europea.
I Big
data stanno arrivando e gli agricoltori non possono permettersi di perdere il
treno. La raccolta e la gestione di volumi enormi di informazioni a supporto
dell'agricoltura è ormai una realtà in molte parti del mondo e anche se il
fenomeno è appena agli albori bisogna conoscerlo per saperne trarre i vantaggi
ed evitare i pericoli. Di questo si è parlato durante un workshop organizzato
da Eip-Agri (il programma della Commissione europea per l'innovazione in
agricoltura) a Sofia, in Bulgaria. Un evento che ha visto giungere da tutta
Europa, e non solo, decine di agricoltori, agronomi, startupper e informatici.
Al
centro i Big data, appunto. Ma esattamente cosa sono? Come dice la parola si
tratta di grandi moli di dati provenienti da differenti fonti. Sono le
informazioni meteo raccolte dalle centraline in campo o che ci arrivano via
web. Sono le rese dei nostri campi, ettaro per ettaro. Sono le quantità
diagrofarmaci, fertilizzanti o acqua che utilizziamo. Sono i litri di
latteprodotti per mucca o le fluttuazioni dei prezzi delle derrate sui mercati.
Insomma, ogni cosa che può essere misurata genera dati che possono essere
utilizzati per migliorare la produttività delle nostre aziende agricole.
Ma
come? Aggregandoli e mettendoli in relazione tra di loro. I dati immagazzinati
nei registri o nei server di una azienda agricola sono inutili se non si sa
come gestirli. Acquistano valore se vengono interpretati e messi in relazione
gli uni con gli altri. Qualche esempio? Prendiamo l'irrigazione. I nuovi
sistemi di precision farming incrociano i dati provenienti dalle centraline
meteo con quelli forniti dai sensori di umidità del suolo e a seconda del tipo
di coltura e dello stadio fenologico azionano il sistema diirrigazione
modulare, che innaffia solo le aree del campo che hanno bisogno di acqua. Si ha
dunque un risparmio di energia e di acqua, una risorsa sempre più scarsa. E lo
stesso si può fare con fertilizzanti e agrofarmaci.
La
rivoluzione dei Big data è stata resa possibile dalla diffusione di sensori
sempre più precisi e economici. Inoltre l'Unione europea sta mettendo in orbita
una costellazione di satelliti denominata Copernicus. Ogni satellite è in grado
di raccogliere informazioni sullo stato del suolo e di inviarle a terra.
Bruxelles ha deciso di rendere questi dati disponibili a tutti, senza alcun
costo. E alcune società, come la IptSat, hanno deciso di sfruttarle per fornire
agli agricoltori servizi ad alto tasso di tecnologia.
“Usando
i dati provenienti dai satelliti noi forniamo informazioni sullo stress idrico
delle colture ed elaboriamo mappe di vigoria, che indicano lo stato di salute
della vegetazione”, spiega ad AgroNotizie Valerio Caroselli, general manager di
IptSat. “Il nostro obiettivo è fornire un servizio on demand, come Netflix. Un
portale in cui chiunque può iscriversi e pagando un piccolo abbonamento può
conoscere in maniera facile e veloce lo stato di salute dei propri campi”.
Ignorare
l'evoluzione della tecnologia rappresenta una perdita di competitività. “I
tassisti non sapevano di Uber fino a quando non si sono ritrovati a protestare
in piazza”, avverte Krijn Poppe, professore allaWageningen University, in
Olanda. “Siamo appena all'inizio di questa rivoluzione, la sfida sta
nell'elaborare modelli vincenti e farli accettare agli agricoltori”.
Dopo
Expo 2015 le sfide a cui bisogna dare una risposta sono note a tutti: produrre
cibo sicuro e nutriente per sfamare una popolazione in crescita tutelando
l'ambiente e la biodiversità. Il tutto assicurando il giusto reddito per gli
agricoltori. I Big data non sono la panacea di tutti i mali, ma possono aiutare
a dare una risposta a questa sfide.
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