Lasciare o restare in Europa? Questo è il
dubbio a cui il popolo britannico ha risposto nel referendum del 23 giugno
2016: il 48,1% ha votato 'Remain' e il 51,9% ha votato 'Leave'. Grazie a questa
scelta il Regno Unito è fuori dall’Unione Europea. Una decisione deflagrante
che avrà un forte impatto nell'economia del Paese e di tutto il mondo.
E adesso cosa succederà? Il Regno Unito
dovrebbe uscire dall'Ue entro due anni (ci vogliono i negoziati, non è una cosa
immediata). In questo momento dopo le dimissioni di David Cameron il nuovo
primo ministro britannico è Theresa May, che avrà il compito di gestire
l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue. La May ha preannunciato però che non
chiederà l'attivazione dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona prima di fine
anno. Lei vuole colloqui informali con i leader europei prima del prossimo
Consiglio Ue del 20 ottobre. David Davis sarà ministro per la Brexit.
Abbiamo chiesto a Mike Knowles, editor di
Eurofruit Magazine, di rispondere ad alcune domande per approfondire il tema
della Brexit.
Cosa significa la Brexit per l’agricoltura
della Gran Bretagna?
"La Brexit diventerà una realtà quando il
Regno Unito si appellerà all’articolo 50 e negozierà la sua uscita dall’Ue.
L'impatto immediato sul settore agricolo britannico è una forte incertezza: gli
agricoltori avranno molte domande senza risposta, fino a che il governo
britannico non avrà stabilito una nuova politica agricola per rimpiazzare
quella attualmente fissata da Bruxelles, in particolare sull'accesso al mercato
globale ed alla fornitura di manodopera. Attualmente ci sono circa 100mila
lavoratori stranieri provenienti dall’Ue impiegati nell’industria alimentare
britannica, 25mila dei quali hanno un ruolo chiave nel settore ortofrutticolo.
Inoltre le organizzazioni di produttori britanniche stanno per perdere circa 40
milioni di euro di fondi europei e se questo investimento non sarà rimpiazzato
sono in molti a temere la crescente competizione delle importazioni".
Che impatto avrà la Brexit sull’agricoltura e
sul mercato ortofrutticolo europeo?
"Credo che questo dipenda dal tipo di
accordi commerciali che il Regno Unito riuscirà ad assicurarsi con le altre
nazioni. La Gran Bretagna importa circa il 90% della frutta e il 50% della
verdura fresca che consuma. I maggiori fornitori europei sono Spagna, Olanda,
Francia, Germania, Irlanda, Belgio e Polonia. Nel 2015 abbiamo importato 5,6
milioni di tonnellate di ortofrutta, per un valore commerciale di 6,8 miliardi
di euro. Di questi volumi 2,9 milioni di tonnellate sono arrivati dall’Ue.
Certamente questo fabbisogno non cambierà da un giorno all’altro ma le
dinamiche di mercato cambieranno - tassi di cambio, termini di scambio,
documentazione richiesta, ecc -, creando un panorama diverso per i fornitori
europei ed extra-europei.
Soltanto il tempo ci dirà se il Regno Unito
diventerà un mercato più o meno attraente. Supponendo che lasci l’Europa, avrà
bisogno di nuovi accordi commerciali non solo con i propri partner europei, ma
anche con importanti fornitori di ortofrutta fresca d’oltreoceano come Cile,
Sud Africa, Turchia, Marocco, Thailandia e Nuova Zelanda. Se non riuscirà a
concordare nuovi termini di scambio, la frutta e la verdura importata
proveniente da queste nazioni diventerà soggetta alle tariffe stabilite dai
regolamenti Wto, rendendo le nostre importazioni più costose e scoraggiando
fornitori d’oltreoceano a spedire i propri prodotti verso il Regno Unito.
Inoltre
c’è la complicazione aggiuntiva dei tassi di cambio. Subito dopo il voto
britannico, il valore della sterlina è calato in maniera significativa rispetto
all’euro, al dollaro statunitense e a diverse altre valute internazionali.
Questo rende la vendita di frutta e verdura estera verso il Regno Unito meno
profittevole mentre l’esportazione di prodotti agricoli britannici
economicamente più vantaggiosa. Vedremo quindi una crescita improvvisa delle
esportazioni di ortofrutta dal Regno Unito? Poco probabile, ma potrebbe esserci
un incremento nel breve periodo per articoli 'premium'come le varietà di mele
club, linee di patate di nicchia e forse anche piccoli frutti. All’estero lo
scorso anno abbiamo venduto solo frutta e verdura per un valore di 240 milioni
di euro, metà della quale rivolta al mercato irlandese.
In termini di agricoltura europea, al
contempo, ci sono molti cambiamenti possibili. Alcune organizzazioni di
produttori dell’Europa meridionale - ad esempio Italia, Spagna e Grecia -
credono che la Brexit possa rafforzare la propria capacità di negoziazione
relativamente alla definizione di una comune politica agricola europea. Ma nel
senso contrario una qualunque restrizione imposta sul mercato britannico
potrebbe avere un impatto significativamente deleterio sulle prospettive
commerciali dei produttori europei che dipendono dal Regno Unito per l’acquisto
dei propri prodotti".
Relativamente all’Italia, come cambierà la
situazione?
"Nel breve periodo, come dicevo, i tassi
di cambio saranno meno favorevoli per i produttori ed esportatori che vendono
in Uk. A più lungo termine uno scenario sconfortante per questi operatori
potrebbe essere quello in cui il Regno Unito diventi un mercato di più
difficile accesso per i suoi maggiori fornitori come Spagna, Cile e Sud Africa,
situazione che comporterebbe unaconcentrazione della pressione su mercati
alternativi come Germania e Scandinavia; anche un leggero incremento nelle
tariffe o semplicemente documentazione aggiuntiva potrebbe spingere alcuni
esportatori spagnoli a rivolgere maggiormente la propria attenzione sull’Europa
continentale o far crescere la propria presenza in mercati come il Medio
Oriente e l’Asia. Per le aziende italiane che stanno già esplorando queste
opportunità emergenti, non dovrebbero esserci problemi; per quante stanno
invece vendendo volumi importanti in Uk sarà invece interessante tenere
monitorata la situazione".
In qualità di opinion leader nell’ambito del
mercato ortofrutticolo europeo, avremmo piacere di chiederti tre idee che
possano aiutare l’Italia a dare una nuova forza alla propria agricoltura
nazionale.
"A mio avviso, le priorità per i
produttori italiani dovrebbero essere:diversificazione dei mercati, crescita
del valore dei servizi ed investimenti nelle varietà migliori. Se fai da
apripista nei servizi la tua reputazione ti precederà ed importanti mezzi di
comunicazione di settore diffonderanno il messaggio. Se hai le varietà
migliori, i compratori ti vedranno come un partner importante nel differenziare
la loro offerta da quella dei competitor. Infine se dedichi del tempo a
costruire contatti in nuovi mercati, le opportunità commerciali che si
apriranno all’azienda saranno maggiori".
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