La digestione anaerobica è oggi un processo diffuso in tutta
Europa che vede Germania, Gran Bretagna e Italia come i principali attori.
L’Italia è il terzo produttore di biogas con una quantità di energia generata
pari a 21.113 GW.
Il sistema di incentivazione, che ha determinato un forte
sviluppo del settore negli ultimi 8 anni, vede ora un forte rallentamento
dovuto alla riduzione dei contributi statali e all’incertezza legislativa con
particolare riferimento al biometano. In aggiunta, il basso costo delle fonti
energetiche fossili rischia di rendere il settore della digestione anaerobica
ulteriormente meno competitivo.
In un tale contesto, la sopravvivenza del settore biogas,
come più volte riportato anche dalle pagine di questo giornale (TV n. 17-2016),
non deve basarsi esclusivamente sulla logica dell’incentivazione ma deve
necessariamente considerare la riduzione dei costi di produzione del
biogas/biometano, per rendere il biogas competitivo “a prescindere” dalle politiche
energetiche e di incentivazione.
Circa il 30-35% del costo di produzione del biogas è
imputabile alla produzione e all’impiego di colture energetiche (es. mais),
necessarie queste per impianti “grandi” (1 MW) perché contribuiscono per almeno
il 70% alla produzione di metano di un impianto agricolo.
La riduzione del costo della coltura energetica diviene un
fattore determinante per poter proporre impianti di grande dimensione,
sostenibili dal punto di vista economico.
In questo scenario si colloca l’Arundo donax L. o canna
comune, una pianta erbacea che negli ultimi anni sta suscitando un grande
interesse nella comunità scientifica e non solo, per il suo sfruttamento a
livello energetico e industriale. Arundo donaxè una pianta perenne erbacea
rizomatosa ampiamente diffusa in tutti i continenti e su tutto il territorio
italiano. Data la sua rusticità e resistenza, essa è in grado di svilupparsi e
crescere in condizioni pedoclimatiche molto differenti. L’attenzione per questa
coltura trova giustificazione nella notevole quantità di biomassa prodotta
(tab. 1), nella sua resistenza ai diversi stress abiotici e biotici, nella
multifunzionalità del suo impiego per scopi energetici, nel ridotto numero di
interventi agronomici (fertilizzanti, anticrittogamici e apporti idrici) e
conseguentemente nei costi molto competitivi (700-100 €/ha) rispetto alle più
tradizionali colture energetiche come il mais (1.800-2.100€/ha).
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