“Operazione agricola consistente nello staccare dal terreno
delle fette orizzontali rovesciandole e frantumandole allo scopo di predisporlo
per la semina e le piantagioni, di ricoprire le sementi, interrare i
fertilizzanti, distruggere le cattive erbe ecc.; il terreno ne risulta
elaborato, sminuzzato, rimescolato, aerato, preparato per assorbire meglio
l’acqua e sviluppare l’apparato radicale e per i processi chimici e biologici
inerenti alla nutrizione delle piante.”
L’operazione dell’aratura si effettuava in tempi diversi a
seconda del tipo di produzione. Ogni aratura è da ritenersi una ripulitura
della terra dagli agenti infestanti ed un arricchimento in azoto ed ossigeno,
il gelo poi frantumando la zolla, la rende polverosa e la depura dagli insetti.
Anticamente la forza motrice era fornita da buoi, cavalli,
asini o muli, direttamente attaccati all’aratro, venivano accompagnati da due
persone, l’una le guidava, l’altra reggeva l’aratro.
Nelle montagne sono
sempre stati il mulo od il cavallo ad aiutare l’uomo nel dissodare i campi.
Oggi, nelle nostre realtà rurali, la meccanizzazione
agricola ha quasi eliminato l’utilizzazione di ogni forma di energia animale, e
forse l’uomo ha perso un’ulteriore occasione di contatto e di dialogo con la
natura.
L'aratro:
un attrezzo che nei secoli ha sfamato l'uomo; conosciuto fin
dai tempi più antichi, l’origine dell’aratro è legata al sorgere delle prime
forme di agricoltura organizzata, quando cioè l’uomo sentì l’esigenza di
programmare la raccolta reperendo, in spazi ristretti e col suo lavoro adattati
nel modo più favorevole possibile, i generi per la propria sussistenza.
I primi disegni di aratri in legno con punta in ferro li
ritroviamo, invece, già nelle tombe degli antichi faraoni, anche se è
presumibile pensare che tale accorgimento tecnico fosse già stato introdotto
dai Dori, scopritori del ferro, all’incirca all’epoca della distruzione della
civiltà micenea.
In epoca romana l’aratro fu utilizzato per preparare il
campo alla semina del grano, dei ceci e delle fave, per dissodare e delimitare
i campi e i confini: il solco tra Romolo e Remo su cui nacque Roma fu disegnato
da un aratro.
L’aratro tutto in ferro ebbe la massima diffusione in Europa
agli inizi del 1800. L’attrezzo si compone di vari elementi: il vomere, la
parte più importante, taglia la terra e la rovescia, il ceppo o dentale, è la
base dell’aratro e regge il vomere, il versoio o ala rovescia la zolla di terra
tagliata, la stiva, asta applicata alla parte posteriore della bure, serve per
la guida dell’aratro, la bure o stanga collega l’aratro alla forza motrice il
profime regola la profondità dell’aratura, il coltro o coltello, inclinato in
avanti, anteriormente al vomere, divide la terra e soprattutto taglia lo strato
erboso.
All’aratura era legata anche la concimazione dei campi. Il
letame da stalla costituiva il più importante additivo per potenziare lo
sviluppo delle colture nel ciclo biologico naturale di un evento che si ripete
da millenni ad ogni primavera.
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