Siete titolari di un allevamento avicolo con più di 40mila
animali? Oppure siete responsabili di un allevamento di suini con oltre duemila
soggetti in produzione, o con oltre 750 scrofe?
Tempo quattro anni e le autorità sanitarie verranno a
misurare quanta polvere esce dal vostro allevamento.
O quanto rumore fanno i vostri tacchini con il loro glu-glu
o se i grugniti dei vostri maiali sono troppo elevati.
Poi si metterà mano agli strumenti per misurare le emissioni
di ammoniaca e si chiederà agli ispettori di verificare se siete o meno valenti
allevatori. E se qualcuno di questi parametri non sarà in regola scatteranno
sanzioni.
"Decisione di esecuzione"
E' presto per dire quali saranno le conseguenze per gli
allevamenti che non rispetteranno questi parametri. Al momento c'è solo la
“Decisione di esecuzione” della Commissione europea, pubblicata sulla Gazzetta
ufficiale della Ue il 21 febbraio, che stabilisce quali siano le migliori
tecniche (Bat, da Best available techniques) per l'allevamento intensivo di
pollame o suini.
Ora queste linee guida sono a disposizione dei singoli Paesi
che avranno quattro anni di tempo per rendere operative le raccomandazioni di
Bruxelles in tema di allevamenti e ambiente.
Per stabilire questi parametri la Commissione europea ha
chiesto il parere degli Stati membri, delle industrie del settore e delle
organizzazioni non governative che si occupano di tutela ambientale.
Si spera che fra questi “esperti” fossero presenti anche
rappresentanze degli allevatori, che però non vengono citate nel documento
ufficiale.
Allevamenti? Colpevoli!
Perché tanto interesse nei confronti degli allevamenti? A
parere dell'Agenzia europea per l'ambiente, l'agricoltura e in particolare gli
allevamenti sarebbero responsabili del 94% delle emissioni di ammoniaca.
Gli effetti negativi avrebbero ripercussioni su tutti gli
ecosistemi, dall'aria all'acqua di fiumi e laghi, e poi danni alle foreste e
persino un aumento delle polveri sottili.
Riesce difficile credere che questo scenario apocalittico
risponda al vero, ma queste sono le conclusioni dell'Agenzia per l'ambiente.
Conclusioni che hanno guidato la mano del legislatore europeo nello stabilire i
parametri che gli allevamenti dovranno rispettare.
I nuovi parametri
Fra i parametri fissati dal documento della Commissione
leggiamo, a titolo di esempio, che il totale dell'azoto escreto dalle galline
ovaiole deve oscillare fra 0,4 e 0,8 kg/N, che sale a 7,0-13,0 per il suini da
ingrasso (avranno tenuto conto che in Italia si allevano anche suini di oltre
150 kg di peso vivo?).
C'è un limite anche per il fosforo, che per le galline
ovaiole va da 0,10 a 0,45 kg di anidride fosforica e da 3,5 a 5,4 per i suini
all'ingrasso. Al contempo si chiede agli allevamenti di razionalizzare il
consumo di acqua, ridurre la produzione di polveri, evitare i rumori e via di
questo passo.
Le "raccomandazioni"
Come ottenere questi risultati? La Commissione europea non
si è risparmiata e ha coniato una serie di raccomandazioni che vanno dalla
formulazione dei mangimi alla manipolazione delle materie prime, sino al
management delle deiezioni di allevamento.
Obiettivi che dovranno essere perseguiti adottando un
“sistema di gestione ambientale” che veda impegnati, citiamo testualmente, “la
direzione compresi i dirigenti di alto grado” e poi “miglioramenti continui
della prestazione ambientale dell'installazione”.
Risultati da ottenere con un “controllo efficace dei
processi”, con il “coinvolgimento del personale” e infine con la “verifica
della conformità alla normativa in materia ambientale”.
E i costi?
L'obiettivo è condivisibile e l'impegno degli allevamenti
doveroso. Il rispetto delle regole impone tuttavia nuove e gravose
complicazioni per gli allevamenti, che saranno fra l'altro tenuti a tenere
registri e note sul monitoraggio e sulla misurazione delle emissioni.
Poi gli stessi allevamenti, se necessario, dovranno
intervenire con gli accorgimenti tecnologici e manageriali necessari al
rispetto delle regole. L'impatto sui costi di produzione non sarà trascurabile.
Chissà se a Bruxelles ci hanno pensato. E per polli e suini
che arrivano dagli altri quattro angoli del Globo, infischiandosene
dell'ambiente, che ne sarà? Potranno entrare in Europa senza “pagare pegno”? E
i nostri “costosi” suini e polli, potranno ancora competere sui mercati
globali? E' lecito dubitarne.
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