“Foggia e la Capitanata hanno in sorte quella di essere la
prima area del Paese ad essere interessata dalla novità del Contratto
Istituzionale di Sviluppo”. Queste le parole del numero uno di Invitalia
Domenico Arcuri, che ieri era di nuovo a Foggia per l’incontro confindustriale
col presidente nazionale dell’associazione dell’aquila Vincenzo Boccia.
Nelle scorse settimane è stato avviato lo stesso percorso in
Molise, Basilicata e a Cagliari, che arrivano dopo la provincia di Foggia.
“Raccomando, ammesso che serva, di non disperdere, questo
patrimonio che vi è caduto in sorte”, è stato il suo ammonimento.
Si può uscire dal labirinto della burocrazia? È una “ragione
divinatoria” che non ci sia sviluppo in certe aree del Sud? Queste le domande
che Arcuri ha rivolto alla platea di imprenditori e stakeholders pugliesi,
accorsi al convegno organizzato da Confindustria Foggia, “Il territorio al
centro”.
“La stratificazione della burocrazia fa faticare lo sviluppo
e non lo rende reale – ha rilevato il manager pubblico -. Il Contratto
Istituzionale di Sviluppo interviene in un modo diverso. Abbiamo lavorato per
una volta non proponendo un modello, ma condividendo un’idea di sviluppo.
Abbiamo chiesto ai protagonisti del territorio se avevano delle idee. Ogni
essere umano ha almeno 3 idee al giorno, quindi ha circa 1000 idee all’anno e
se ne realizza una è assai fortunato. Noi abbiamo preso atto che tutti i
protagonisti del territorio avevano almeno 1000 idee e abbiamo cercato di
accompagnarne alcuna. Abbiamo avuto un risultato straordinariamente
sorprendente che all’inizio non ci aspettavamo. Abbiamo raccolto 114 proposte
ad un diverso stadio di maturità e con un diverso grado di probabilità di
produrre sviluppo, ma sono un numero sufficiente perché da esse ne vengano
fuori alcune, non so quante, che possano invertire la rotta”.
In questi giorni il presidente del Consiglio emanerà l’atto
pubblico, che porterà alla seconda fase dell’esperienza e alla costituzione di
un tavolo in cui sono presenti tutti i soggetti istituzionali locali. Ci sono
due possibili sviluppi, secondo Arcuri: trascorrere alcuni mesi a chiacchierare
o produrre alcuni criteri perché Invitalia possa selezionare dalle 114 proposte
un “sottoinsieme” capace di essere rapidamente messo in campo.
A livello internazionale, tutti hanno preso atto del ritorno
di una fase recessiva mondiale e globale. “Tutti discutono del perché siamo
ritornati in recessione, nessuno si interroga su come si fa a uscire dalla recessione”.
“Noi ci avviciniamo al ciclo recessivo avendo una condizione
interna italiana che è indispensabile condividere. Abbiamo il divario endogeno
più vecchio per età e più grande dimensionalmente nell’Europa a 27. In Italia
un terzo dei nostri concittadini, 25 milioni, quelli che vivono a Sud di Roma,
producono un quarto del Pil. Un Paese che ha questo divario fa fatica a tenere
tassi di sviluppo compatibili alle sue aspettative e con quelli raggiunti dagli
altri Paesi simili”, ha argomentato Arcuri.
Il Sud nella precedente crisi del 2008 ha perso un po’ più
di un quarto della sua capacità produttiva. Ma non ha mai recuperato. L’Italia
arriva alla seconda recessione con un problema irrisolto: l’arretratezza
vecchia e profonda del Sud.
Parlare oggi di spinta federalista e di sua accelerazione
significa secondo Arcuri, leggendo i dati con occhi meridionalisti, proseguire
nella strada del divario tra Nord e Sud, perché “Il Sud ha già sopportato la
riforma del Titolo V, in cui si annida gran parte della complessità della
burocrazia, che strozza gli investimenti”.
Una lezione di economia aziendale, la sua chiosa: “Siamo un
Paese duale, siamo rimasti tali, abbiamo progettato sviluppo nel chiuso di una
stanza, abbiamo commesso l’errore di non utilizzare al meglio i fondi europei
per lo sviluppo e la coesione. Mentre in Spagna con quei fondi si costruivano
le reti per l’alta velocità ferroviaria, i Paesi del Mezzogiorno venivano
riempiti prima di fontane e adesso di rotonde in luogo di semafori. Cosa si
deve fare? Si deve provare a correggere la spinta federalista avendo
l’ambizione di darle una qualche trazione meridionale. Bisogna uscire da tre
paradossi. Il primo, se servono prima le infrastrutture o prima le imprese.
Servono entrambe. Il secondo, se viene prima l’offerta o la domanda. Non è
rilevante sapere chi traina le opportunità, sono importanti il Pil e il numero
degli occupati. Il terzo, se lo sviluppo lo devono produrre il Governo o gli
Enti locali, per me lo devono produrre le imprese, il Pubblico serve a creare
le condizioni per lo sviluppo. Nel Sud non siamo abituati a rispettare il
tempo, pensiamo che sia una variabile indipendente, in questa distonia,
dobbiamo essere consapevoli che il Sud nella precedente crisi ha perso il 20%
del Pil, oggi con la nuova crisi che sta arrivando non sono sicuro che il
divario endogeno possa ridursi”.
Dalla fine del mese Invitalia comincerà a lavorare sulle 114
proposte del Cis di Capitanata per formare un sottoinsieme, con una dotazione
finanziaria adeguata. Arcuri taglia corto sui fondi, contano le idee. “Verremo
dotati delle risorse finanziarie sufficienti, proveremo a coordinare le forze
positive che abbiamo incontrato e speriamo con modesta e tenacia di potervi
aiutare a scrivere una pagina diversa per il vostro territorio”.
Fonte: L’Immediato
Autore: Antonella Soccio
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