Torna prepotentemente alla ribalta la querelle sui
“fabbricati rurali”. Gli interventi normativi e di prassi ormai non si contano
più, rendendo questo uno dei temi agricoli più controversi e dibattuti negli
ultimi trent’anni. Con una recente nota l’Agenzia delle entrate è tornata ad
affrontare le caratteristiche di ruralità dei fabbricati collocati “in
campagna”.
Questa volta tocca ai fabbricati strumentali all’esercizio
delle attività agricole. Secondo l’Agenzia, per questi fabbricati la ruralità
deve essere valutata in base alla dimensione del terreno. Quanto terreno è
necessario per affermare se il fabbricato strumentale è rurale o meno? Dipende
dalle coltivazioni impiantate: se l’azienda ha impiantato coltivazioni
estensive (ad esempio i cereali) ne occorre certamente di più che se invece ha
impiantato coltivazioni intensive (vivai o coltivazioni sotto serra).
Agli addetti ai lavori appare ben chiaro che la posizione
assunta dall’Agenzia non ha il ben che minimo fondamento normativo, ma si può
immaginare che soprattutto i Comuni non perderanno questa occasione per tentare
di recuperare un po’ di tributi. Si rischia il riasprirsi del contenzioso che –
fin dall’istituzione dell’Ici (era il 1993) – si trascina fino ai giorni
nostri. Per fortuna l’Agenzia “salva” i fabbricati destinati ed utilizzati
all’allevamento di animali, da sempre considerati rurali a prescindere dalle
dimensioni del terreno e dall’esistenza di questo. Il tanto bistrattato art. 9,
comma 3-bis del decreto legge 557/1993, dispone che devono essere definiti
fabbricati rurali strumentali, gli immobili destinati allo svolgimento delle
attività agricole come disciplinate dall’art. 2135 del codice civile. Non pare
che vi sia alcun riferimento alla dimensione del terreno, tralasciando tutti gli
altri provvedimenti che hanno obbligato al censimento degli stessi fabbricati
ed il loro inserimento nelle mappe catastali, l’accatastamento in categoria
specificatamente destinata alla funzione rurale (D10), la richiesta di
annotazione in visura catastale dei requisiti di ruralità degli stessi. Su un
punto però siamo d’accordo con l’Agenzia: la natura di “fabbricato rurale”
dipende dalla destinazione e dall’uso dello stesso, concretizzato non solo e
non sempre dal proprietario, ma – quando ne ricorre il caso – anche
dall’utilizzatore del fondo, ovvero, dall’affittuario
Autore: Alfio Tondelli
Fonte: Agricultura.it
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