I prodotti biologici, si sa, hanno prezzi sullo scaffale,
così come alla produzione, più elevati rispetto al convenzionale. Ma quali sono
le differenze? La forbice è molto ampia e può passare da pochi punti
percentuali in più fino a superare il cento per cento. In un recente articolo
dell’Informatore Agrario s analizzano le quotazioni delle due categorie,
prendendo in esame di verse referenze di frutta e verdura.
Le produzioni biologiche godono, normalmente, di un premio
sul prezzo (premium price) riconosciuto dai mercati rispetto ad analoghe
referenze convenzionali: la differenza rilevabile, tuttavia, può risultare ben
diversa a seconda del prodotto o dell’anno.
Dall’analisi della banca dati dei prezzi all’origine di
Ismea, per il periodo 2012-2017 è possibile trarre una sintetica valutazione
del premium price alla produzione per l’ortofrutta biologica. Nell’articolo
pubblicato sul sito web dell’Informatore Agrario, Per le principali specie
(grafico 1) il differenziale medio di prezzo nel periodo esaminato varia da
poco più del 5% nel caso dell’actinidia e della patate, fino a ben oltre il
100% per pomodori, fragole e nettarine, attestandosi nella maggior parte dei
casi in un range compreso fra il 50 e il 70%.
Frequentemente, tuttavia, il differenziale medio calcolato
sull’intero periodo è espressione di numeri molto diversi in funzione di ogni
singolo anno: tra le specie che hanno evidenziato maggiori margini di variabilità
vi sono le mele (10-120%), i pomodori (85-210%), le zucchine (30-125%) e le
albicocche (20-65%).
Variabilità dei prezzi
La principale ragione di tale variabilità nei confronti dei
prezzi delle medesime referenze convenzionali è dovuta alle quotazioni di
queste ultime, poiché i prezzi dei prodotti biologici mostrano,
tendenzialmente, una maggiore stabilità, quale riflesso dei crescenti spazi di
mercato disponibili.
All’opposto, le produzioni convenzionali, quasi tutte alle
prese con problemi di saturazione dei rispettivi mercati e consumi stagnanti,
evidenziano una forte volatilità dei prezzi in funzione di numerosi fattori
congiunturali, come l’offerta disponibile, la pressione competitiva estera, le
dinamiche stagionali dei consumi, ecc.
Nel grafico 2 sono sintetizzati i prezzi medi alla
produzione per alcuni prodotti frutticoli biologici negli anni dal 2012 al
2017. Ad esempio, per le pesche i valori hanno oscillato fra 0,46 e 0,78
euro/kg; per le nettarine tra 0,37 e 0,87 euro/kg; per la pera William (calibro
60+) da 0,70 a circa 1 euro/kg; per le albicocche il prezzo ha superato 1,3
euro/kg, mantenendosi a 0,81 euro/kg anche nella difficilissima campagna del
2017.
I livelli riscontrati si presentano certamente interessanti
rispetto agli omologhi per produzioni non biologiche, ma va comunque
considerato che le quotazioni si riferiscono a prodotto di prima categoria. Per
numerose referenze, tuttavia, la produzione biologica offre quotazioni di un
certo interesse anche per il prodotto industriale, a differenza del
convenzionale: se in quest’ultimo caso i prezzi sono spesso talmente bassi da
offrire contributi pressoché irrilevanti alla definizione della plv aziendale,
con la tecnica biologica la produzione a destinazione industriale può
rappresentare una significativa quota delle entrate aziendali.
(fonte: L’Informatore Agrario)
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