
Presidente Tiso, dopo le elezioni europee di fine maggio
quale Europa vorrebbe e quale attenzione per l’agricoltura?
Io vorrei un’Europa con l’agricoltura al centro, e questo
perché la crescita del primario significa tutela dell’ambiente e del paesaggio;
cibo sano; biodiversità, ma soprattutto una progettualità mirata a dar vita a
dei modelli di crescita sostenibili e in grado di garantire un futuro alle
prossime generazioni. Noi della Confeuro lo abbiamo detto più volte: non
vediamo nel comparto agroalimentare un semplice aggregato economico, ma un
mondo al cui interno esistono valori, passioni e opportunità in grado di
risollevare un sistema che vive oggi una profonda crisi, non solo economica, ma
anche sociale e culturale.
All’indomani del voto ha parlato di una Pac “diversa e più
coraggiosa”. A cosa si riferisce, che Pac vorrebbe?
La Pac è una riforma estremamente importante, e non solo
perché riguarda quasi il 40% del bilancio comunitario, ma anche perché
rappresenta una riforma che unisce tutti i cittadini europei sui meccanismi di
produzione, distribuzione e commercializzazione dei beni di prima necessità. La
nuova Pac dovrà avere l’ambizione di essere un lavoro condiviso in cui l’Italia
faccia sentire il suo peso, non solo per la sua capacità di premere sulle
istituzioni europee, ma soprattutto per la qualità della sua agricoltura.
C’è un altro aspetto della Pac che richiede grande coraggio;
ed è la necessità di una svolta verde che viri con determinazione verso la
sostenibilità. Bisogna mettere fine agli allevamenti intensivi e comprendere
che la vera battaglia sta nel far convergere gli interessi del settore agricolo
con quelli per la tutela dell’ambiente. La nuova Politica Agricola Comune va
ripensata in questo senso e non più, come invece è ancora oggi, sulla base
degli appetiti delle multinazionali dell’agroindustria.
Confeuro sta puntando da tempo – ed anche negli ultimi
lavori congressuali – sull’agroecologia: a che punto siamo in questo percorso?
Cosa può e cosa deve fare l’Europa?
L’agroecologia viaggia di pari passo con la sostenibilità;
ed è quindi un passaggio essenziale da rilanciare in termini nazionali ed
europei. In questo quadro l’Europa può fare molto e piò farlo proprio
attraverso una Politica Agricola Comune che premi chi attua produzioni
compatibili con la tutela del paesaggio e dell’ambiente. Il greening, anche
tenuto conto delle tante difficoltà burocratiche, non può essere la risposta
giusta a queste esigenze; bisogna piuttosto guardare con forza agli obiettivi
dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e dialogare con il mondo
dell’associazionismo che si sta battendo con forza per un primario diverso.
Siamo convinti che nei prossimi anni per essere competitivi
sul mercato sarà necessario oltre che trasmettere ai consumatori la storia e la
cultura che c’è alla base di un prodotto, anche comunicare con chiarezza se un
prodotto è ecosostenibile o meno. Da subito si rende necessario tracciare dei
processi riconosciuti a livello europeo e poi mondiale che possano qualificare
un prodotto rendendolo ecosostenibile a differenza di altri. Il nostro Paese,
già pionere in tal senso, può diventare il punto di riferimento per tracciare
con chiarezza i sistemi di certificazione relativi all’ecosostenibilità dei
processi agronomici e delle produzioni agricole.
E’ arrivato il momento di dare concretezza assoluta al
termine agroecologia garantendo alle produzioni nostrane un vantaggio sui
competitor internazionali ed un nuovo ed ancora più intenso appeal verso i
consumatori del pianeta.
Agricoltura italiana. Qual è a suo avviso lo stato di salute
del comparto? Quali sono i settori in maggiore difficoltà ed i punti di forza
su cui puntare?
La sensazione è che manchi una visione di insieme, un piano,
una strategia. Si continua a ragionare per misure tampone che a volte
funzionano e a volte no. Il latte in Sardegna e la Xylella in Puglia vengono
raccontate come vicende scollegate, ma invece non lo sono e vanno tutte
contestualizzate all’interno del vasto mondo agricolo. C’è poi un altro aspetto
che non capisco delle misure che il ministero per le Politiche Agricole sta
assumendo in questi mesi: perché considerare il comparto agroalimentare così
connesso al turismo quando uno è parte del settore primario e l’altro del
terziario? E soprattutto perché si possono collegare agricoltura e turismo e
non agricoltura e ambiente?
L’agricoltura italiana ha un grande vantaggio sui suoi
competitor, ma non deve adagiarsi perché nel contesto globale nel quale siamo
non è facile riuscire a conservare le eccellenze. Per riuscirci bisogna
lavorare costantemente; ed è per questo che auspico la convocazione dei
principali attori del primario da parte del ministero per sanare le tante falle
sistemica e di filiera che pur ci sono.
Nei giorni scorsi avete ‘celebrato’ una giornata dei
diritti, aprendo ai cittadini le porte delle diverse sedi italiane del Caf e
del Patronato Labor della Confeuro. Quanto è importante informare e stare
vicino alla società civile ed al mondo delle imprese?
Il successo che abbiamo avuto in questi anni si basa tutto
sulla capacità di essere utili ai cittadini. Noi non siamo mai stati, né
vogliamo essere, una di quelle organizzazioni della rappresentanza che vivono
vicine al mondo della politica ma distanti dalle persone. Soprattutto in questo
momento storico, dove regna la confusione e l’incertezza, dobbiamo essere al
fianco di chi ha maggiormente bisogno. E’ partendo da queste considerazioni che
abbiamo lanciato queste iniziative mirate a spiegare a chiunque lo desiderasse
la complessità di alcune norme. Come abbiamo detto più volte: la burocrazia è
uno dei maggiori mali del nostro Paese e la colpa non è di chi non riesce a
interpretare dei provvedimenti così complessi, ma di chi li elabora e li redige
proprio perché non siano alla portata di tutti. Noi di Confeuro abbiamo molto
chiaro il mandato che ci è stato dato dalle centinaia di migliaia di assistiti
che ci hanno scelto, e intendiamo rispettarlo.
Fonte: Agricultura.it
Autore: Lorenzo Benocci
Nessun commento:
Posta un commento