
In forza di tale pronuncia, quindi, tutti i punti vendita
proliferati negli ultimi anni diventano automaticamente fuori legge, mettendo
in serio pericolo gli investimenti effettuati dalle aziende.
La decisione della Cassazione
In attesa del testo definitivo della sentenza, con
l’informazione provvisoria n. 15, i giudici di legittimità hanno stabilito che
la commercializzazione di cannabis sativa L, e in particolare di foglie,
infiorescenze, olio e resina ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà
di canapa, non rappresenta un’attività ricompresa nell’ambito di applicazione
della L. n. 242/2016.
Pertanto, tali cessioni integrano il reato di cui all’art.
73 del D.P.R. n. 309/1990, il quale prevede, per chi “coltiva, produce,
fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce,
commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito,
consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope”, la pena della
reclusione da sei a venti anni o la multa da euro 26.000 a euro 260.000.
Secondo la Cassazione, infine, tale reato non è integrato
nel caso in cui i prodotti commercializzati, in concreto, siano privi di
efficacia drogante.
La previsione normativa
A onor del vero, la tesi sostenuta dai giudici trova il suo
fondamento nel testo della L. n. 242/2016, dove, all’art. 2, si stabilisce che
è lecita l’attività di coltivazione delle varietà di canapa incluse nel
Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, istituito ai
sensi dell'articolo 17 della direttiva n. 2002/53/CE del Consiglio del 13
giugno 2002.
La canapa prodotta, in base a quanto previsto della norma,
deve essere utilizzata per scopi precisi, tassativamente previsti dalla legge,
ossia per:
• alimenti e cosmetici
prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori;
• semilavorati,
quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle
industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico;
• materiale
destinato alla pratica del sovescio;
• materiale
organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la
bioedilizia;
• materiale
finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;
• coltivazioni
dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di
istituti pubblici o privati;
• coltivazioni
destinate al florovivaismo.
Pertanto, evidenzia la Cassazione, non è concessa la
commercializzazione della canapa, né tantomeno quella di foglie, infiorescenze,
olio e resina derivati dalla canapa legalmente coltivata: tale attività
rappresenta un’illegittima estensione dell’area di applicazione della sopra
richiamata disciplina, che, va ricordato, introduce un’eccezione rispetto al
generale divieto di vendita di sostanze psicotrope di cui all’art. 73 del
D.P.R. n. 309/1990.
La Cassazione non prende voti
Da quanto anticipato dalla Cassazione, pare che la sentenza,
seppur estremamente rigorosa, sia nel merito puntuale e aderente a quelle che
erano le finalità e le disposizioni della norma.
Le conseguenze di tale decisione, però, potrebbero essere
apocalittiche per un settore che, dall’approvazione della L. n. 242/2016, ha
visto una crescita esponenziale e che, nel 2018, ha raggiunto un giro d’affari
di 150 milioni di euro ed occupato oltre 10.000 addetti.
Proprio per questo, appaiono inopportune le modalità e le
tempistiche di questa decisione, la quale, in un Paese normale, avrebbe dovuto
essere presa tempestivamente dal Governo, il quale si sarebbe dovuto prendere
anche la responsabilità delle conseguenze che, il mettere fuori legge la
vendita della canapa legale (e già questo è un ossimoro) dopo averla lasciata
proliferare, produrrà.
Invece, la Cassazione non prende voti e non dipende
dall’approvazione del popolo: così il rischio di eliminazione di un intero
comparto produttivo resta senza un padre, mentre regna l’incertezza tra gli
operatori che, ora, attendono di scoprire, sulla loro pelle, quali saranno le
conseguenze di questa importante decisione.
Fonte: Consulenza Agricola.it
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