
A stabilirlo, appunto, è stata la Corte di giustizia Ue con
una sentenza pronunciata (l’1 ottobre 2019) su una causa sollevata dal
Tribunale penale di Foix, in Francia, che vede coinvolti vari attivisti ambientalisti.
Vari attivisti ambientali, membri del gruppo «Faucheurs
volontaires anti OGM ariègeois» (mietitori volontari anti OGM dell’Ariège),
sono accusati di aver danneggiato bidoni di diserbante contenent eglifosato
(nello specifico, il «Roundup») in locali commerciali situati nelle città di
Pamiers, Saint-Jean du Falga e Foix (Francia). I militanti sono imputati per
degrado o deterioramento di bene altrui.
Considerando che l’invalidità del regolamento in esame (in
prosieguo: il «regolamento sui prodotti fitosanitari») potrebbe neutralizzare
l’elemento giuridico del reato contestato agli imputati, il tribunal
correctionnel de Foix (Tribunale penale di Foix, Francia) interroga la Corte di
giustizia in merito alla compatibilità di tale regolamento con il principio di
precauzione. Nello specifico, esso esprime dubbi riguardo alla compatibilità
con il predetto principio delle norme del regolamento sui prodotti fitosanitari
che, secondo la sua interpretazione, i) attribuiscono al fabbricante del
prodotto da immettere sul mercato una discrezionalità troppo ampia per quanto
riguarda l’individuazione della sostanza che egli denomina come «sostanza
attiva» del suo prodotto; ii) prevedono che le analisi e le valutazioni
contenute nel fascicolo siano fornite dal fabbricante, in assenza di
controanalisi indipendente e di pubblicità sufficiente; iii) non garantiscono
una presa in considerazione sufficiente della presenza di più sostanze attive
in un medesimo prodotto e del possibile «effetto cocktail» che può derivare da
tale circostanza, e iv) non garantiscono lo svolgimento di test sufficienti per
quanto concerne la tossicità a lungo termine.
Nella sentenza, la Corte rileva, in via preliminare, che
incombe al legislatore dell’Unione, allorché adotta norme che disciplinano
l’immissione sul mercato di prodotti fitosanitari, conformarsi al principio di
precauzione, al fine segnatamente di garantire un livello elevato di protezione
della salute umana. Tali norme devono quindi istituire un quadro normativo che
consenta alle autorità competenti di disporre di elementi sufficienti per
valutare i rischi per la salute derivanti dall’uso di detti prodotti.
La Corte constata, poi, che il richiedente è tenuto a
dichiarare, quando presenta la domanda di autorizzazione riguardante un
prodotto fitosanitario, ciascuna sostanza inclusa nella composizione di tale
prodotto che rispetti i requisiti enunciati nel regolamento sui prodotti
fitosanitari, sicché egli, contrariamente alla premessa su cui si basa il
giudice del rinvio, non ha la possibilità di scegliere discrezionalmente quale
componente di detto prodotto debba essere considerato come una sostanza attiva
ai fini dell’esame di tale domanda. La Corte aggiunge che non risulta in modo
manifesto che i requisiti stabiliti da tale disposizione siano insufficienti
per poter individuare in modo obiettivo le sostanze interessate e per garantire
che le sostanze che svolgono un ruolo effettivo nell’azione dei prodotti
fitosanitari siano prese effettivamente in considerazione nella valutazione dei
rischi derivanti dall’uso di detti prodotti.
Pertanto, la Corte dichiara che le scelte operate dal
legislatore dell’Unione in merito agli obblighi gravanti sul richiedente,
relativi all’individuazione delle sostanze attive rientranti nella composizione
del prodotto fitosanitario oggetto della sua domanda di autorizzazione, non
sono viziate da un errore manifesto di valutazione.
La Corte verifica, poi, se sia conforme al principio di
precauzione l’asserita circostanza che non siano presi in considerazione e che
non siano oggetto di analisi specifica gli effetti del cumulo di più sostanze
attive contenute in un prodotto fitosanitario («effetto cocktail»).
La Corte dichiara così che, nell’ambito della procedura di
autorizzazione di un prodotto fitosanitario, la presa in considerazione degli
effetti cumulativi e sinergici noti dei componenti di tale prodotto è
necessaria.
Di conseguenza, prosegue la Corte, le procedure di
autorizzazione di un prodotto fitosanitario devono necessariamente includere
una valutazione non solo degli effetti propri delle sostanze attive contenute
in tale prodotto, ma anche degli effetti cumulativi di dette sostanze e dei
loro effetti cumulativi con altri componenti di detto prodotto. Il regolamento
sui prodotti fitosanitari non è, quindi, viziato da un errore manifesto di
valutazione neanche sotto tale profilo.
La Corte rammenta poiché, da un lato, il legislatore
dell’Unione ha inteso inquadrare la qualità dei test, degli studi e delle
analisi presentati a sostegno di una domanda fondata sul regolamento sui
prodotti fitosanitari e che, dall’altro lato, lo Stato membro adito di una
domanda deve eseguire una valutazione indipendente, obiettiva e trasparente di
tale domanda alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e tecniche, mentre
l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) deve adottare una
decisione tenuto conto dello stato attuale delle conoscenze scientifiche e
tecniche. Per tale motivo incombe alle autorità competenti, in particolare,
tenere conto dei dati scientifici disponibili più affidabili nonché dei più
recenti risultati della ricerca internazionale, e non dare in tutti i casi peso
preponderante agli studi forniti dal richiedente.
La Corte rileva altresì che lo Stato membro relatore prepara
un progetto di rapporto di valutazione che è trasmesso agli altri Stati membri
e all’EFSA. Inoltre, al fine di adottare le proprie conclusioni, quest’ultima
può organizzare una consultazione di esperti e chiedere alla Commissione di
consultare un laboratorio comunitario di riferimento, al quale il richiedente
potrà essere tenuto a fornire campioni e metodi d’analisi. Dette conclusioni
sono fornite anche agli Stati membri. Infine, la Commissione può riesaminare
l’approvazione di una sostanza attiva in qualunque momento, in particolare se,
alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e tecniche, vi sia motivo di
ritenere che la sostanza non soddisfi più i criteri di approvazione previsti
dal regolamento sui prodotti fitosanitari.
Pertanto, la Corte dichiara che il regolamento sui prodotti
fitosanitari non è viziato da un errore manifesto di valutazione neppure nella
parte in cui prevede che i test, gli studi e le analisi necessari ai fini delle
procedure di approvazione di una sostanza attiva e di autorizzazione di un prodotto
fitosanitario siano forniti dal richiedente, senza imporre sistematicamente lo
svolgimento di una controanalisi indipendente. Per quanto concerne l’accesso
alle informazioni contenute nelle domande, la Corte rileva che il regolamento
sui prodotti fitosanitari rinvia in modo esplicito alle disposizioni della
direttiva concernente l’accesso del pubblico all’informazione ambientale2. Ai
sensi di quest’ultima, gli Stati membri non possono prevedere che una domanda
di accesso riguardante informazioni su emissioni nell’ambiente sia respinta per
motivi vertenti sulla tutela della riservatezza delle informazioni commerciali
o industriali. Questa norma specifica è segnatamente applicabile agli studi
intesi a valutare la nocività dell’impiego di un prodotto fitosanitario o la
presenza nell’ambiente di residui dopo l’applicazione di tale prodotto.
La Corte dichiara quindi che il regime istituito dal
legislatore dell’Unione per garantire l’accesso del pubblico agli elementi dei
fascicoli di domanda rilevanti ai fini di valutare i rischi derivanti dall’uso
di un prodotto fitosanitario non è viziato da un errore manifesto di
valutazione.
Infine, la Corte ricorda che un prodotto fitosanitario può
essere autorizzato solo se è dimostrato che esso non ha alcun effetto nocivo,
immediato o ritardato, sulla salute umana e che siffatta prova dev’essere
fornita dal richiedente. Orbene, come rileva la Corte, non si può ritenere che
un prodotto fitosanitario rispetti tale condizione qualora presenti una forma
di cancerogenicità o di tossicità a lungo termine.
La Corte dichiara che spetta quindi alle autorità
competenti, allorché esaminano la domanda di autorizzazione di un prodotto
fitosanitario, verificare che gli elementi forniti dal richiedente, tra i quali
si collocano al primo posto i test, le analisi e gli studi relativi al
prodotto, siano sufficienti a escludere, alla luce delle conoscenze
scientifiche e tecniche attuali, il rischio che detto prodotto presenti una
cancerogenicità o una tossicità di tal genere.
La Corte conclude che dall’esame delle questioni sottoposte
dal giudice nazionale non emerge alcun elemento tale da inficiare la validità
del regolamento sui prodotti fitosanitari.
Autore: Lorenzo Benocci
Fonte: Agricultura
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