
Lo
studio analizza le politiche di alcune tra le maggiori catene di supermercati
in Europa e negli Stati Uniti, che stentano ad adottare pratiche commerciali
più eque nei confronti di piccoli produttori e lavoratori agricoli lungo le
loro filiere di approvvigionamento. Oxfam mette quindi in evidenza i crescenti
squilibri e le condizioni di sfruttamento nelle filiere dei supermercati a
livello globale. In particolare, denuncia che questi ultimi trattengono una quota
crescente del prezzo pagato dai consumatori - in alcuni casi fino al 50% -
mentre quella destinata a lavoratori e produttori è spesso pari a meno del 5%.
Quanto
ai piccoli coltivatori e lavoratori, dall'analisi della filiera di 12 prodotti
comunemente presenti nei supermercati di tutto il pianeta emerge che nella
stragrande maggioranza dei casi vivono in povertà. Viceversa, nel 2016 le prime
8 catene di supermercati Usa quotati in borsa hanno incassato quasi 1.000
miliardi di dollari, generando 22 miliardi di profitti e restituendo 15
miliardi agli azionisti. Per quello che riguarda in particolare l'Italia, il
75% delle lavoratrici nei campi intervistate da Oxfam afferma di essere
sottopagata, dovendo rinunciare a pasti regolari.
Secondo
gli ultimi dati disponibili, nel 2015 erano circa 430 mila i lavoratori
irregolari in agricoltura e potenziali vittime di caporalato in Italia,
"impiegati" in quasi tutte le principali filiere stagionali di frutta
e verdura in vendita nella grande distribuzione. Tra questi 100 mila lavoratori
vittime di sfruttamento, con l'80% di lavoratori stranieri e il 42% di donne,
che a parità di tipologia di lavoro venivano sottopagate rispetto agli uomini.
Tra
le più gravi forme di sfruttamento e violazione dei diritti: orari di lavoro
nei campi fino a 12 ore al giorno; lavoratori esposti a pesticidi tossici e a
temperature altissime in estate e estremamente rigide in inverno; abusi e
violenze sulle lavoratrici; paghe medie tra i 15 e 20 euro al giorno, ben al di
sotto del minimo legale di 47 euro al giorno.
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