
“Ritengo che ci troviamo di fronte ad almeno tre elementi
positivi – afferma Todeschini – il primo dei quali è la tempestività, visto che
i prezzi vengono fissati nell’imminenza delle prime scavature. Il secondo
risiede nell’entità dei prezzi, che a questi livelli attribuiscono un valore
agli sforzi ed agli investimenti fatti dal comparto per garantire un’altissima
qualità. Infine c’è l’unanimità con cui sono stati fissati i prezzi: un
dettaglio non trascurabile, che pone sullo stesso versante le organizzazioni
dei commercianti e le cooperative di produttori”.
“Agripat – continua Todeschini – crede nel modello definito
dal Contratto Quadro Regionale, che tutela l’intera filiera e la qualità,
riconoscendo una giusta valorizzazione a patate prodotte nel pieno rispetto di
criteri quali tracciabilità, trasparenza, sicurezza alimentare e rispetto dei
lavoratori e dell’ambiente.
Troppo spesso vediamo immettere sul mercato prodotto a
prezzi ben inferiori alle quotazioni correnti, di provenienza non ben identificata,
probabilmente residuale da produzioni che in un dato momento della stagione
sono a “fine corsa”. Questo tipo di speculazioni andrebbe scoraggiato, perché
procura danni all’intera filiera”.
In questi giorni, non è raro vedere patate in alcune insegne
della GDO e DO nazionale dove addirittura l’etichettatura risulta poco chiara e
incompleta: riferimenti generici alla qualità e alle destinazioni d’uso a cui
non corrisponde alcuna indicazione dei disciplinari seguiti in fase di
coltivazione, nessuna indicazione della varietà confezionata né della relativa
zona di produzione (opzionale) oltre ad un range di calibro non consentito. Per
non parlare delle indicazioni approssimative riguardo il peso, che evidenziano
addirittura la possibilità che il peso netto del prodotto in vendita – si parla
del peso che deve essere garantito al cliente – possa essere anche inferiore di
un 2% rispetto a quello indicato sulla confezione e pagato dal cliente (vedi
foto).
Non vi è dubbio che questo genere di indicazioni superficiali
e incomplete, oltre a rendere complessa e “opaca” la ricostruzione della reale
tracciabilità del prodotto, rischiano di trarre in inganno il consumatore circa
il reale valore di ciò che sta acquistando.
Fonte: Corriere Ortofrutticolo
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