Non richiede particolari
investimenti e il prezzo elevato al dettaglio ne fa una coltura da reddito.
Ecco tutto quello che c'è da sapere per avviare un impianto: guarda le
testimonianze di chi lo coltiva.
Delle bacche di goji fino a qualche
anno fa non se ne sentiva parlare. Poi questo frutto orientale, originario
della Mongolia, è diventato di moda nel jet set di Hollywood e in poco tempo
anche in Europa la sua assunzione si è diffusa.
Le bacche di goji sono infatti
ricche di antiossidanti, in percentuali superiori rispetto ai nostrani 'frutti
di bosco'. Le chiamano 'bacche della eterna giovinezza' o 'superfrutti'. Ma al
di là delle loro proprietà nutritive, molto del loro successo è dovuto alla
moda.
Non per questo l'agricoltore in
cerca di colture da reddito dovrebbe sottovalutare questa pianta. Se fino ad
oggi le bacche essiccate venivano prodotte in Cina ed importate in Europa, ora
sempre più agricoltori nostrani si stanno avvicinando a questo arbusto.
Il prezzo del prodotto essiccato
varia molto, ma in media si aggira sui 5 euro all'etto. Mentre il prodotto
fresco oscilla tra i 4 e i 6 euro. Se si conta che una pianta produce fino a 15
chili all'anno è facile capirne la redditività.
"Ho notato un crescente
interesse da parte degli agricoltori per questa pianta. Nel giro di 5-6 anni il
mio vivaio che produce goji da oltre un decennio è passato dal preparare 50
piante annue a 50mila", spiega ad AgroNotizie Valerio Gallerati, del
Vivaio Vita verde.
"Dal punto di vista
agronomico, per un agricoltore esperto, il goji rappresenta una pianta molto
facile da coltivare. Dal punto di vista economico è una opportunità ghiotta da
cogliere al volo, ora che va per la maggiore.
Ma consiglio di affrontare la
coltivazione del goji solo se si ha la forza di far valere il prodotto che si
produce, che deve essere retribuito bene, non alla stregua dei prodotti
agricoli italiani classici che, seppur di altissima qualità, vengono malpagati
o distrutti perché invenduti".
Il goji è un arbusto selvatico
diffuso in Mongolia, Cina e Tibet. Da secoli fa parte della medicina
tradizionale cinese dove viene descritto come una pianta i cui frutti hanno
straordinari effetti sul corpo umano: dalla tonicità muscolare alla vita
sessuale.
Esistono circa 80 specie, ma le
più usate sono due: il Lycium barbarum e il Lycium chinense. A distinguerle
sono le foglie (quelle del primo sono strette) e la forma dei lobi della
corolla.
Chi vuole impiantare una
coltivazione deve prestare la massima attenzione perché "l'unico frutto mangiabile
fresco è il Lycium barbarum, che è dolce e di consistenza succoso-polposa. E'
anche il solo che può essere disidratato e venduto secco, perchè l'altro si
riduce a buccia e semi. Il Lycium chinense è di sapore sgradevole e consistenza
acquosa e come frutto non viene commercializzato in nessuna parte del
mondo".
"Ho iniziato a pensare alle
bacche di goji quando, dopo aver partecipato ad una fiera in cui se ne parlava,
ho scoperto che nella mia via molte persone ne consumavano ogni giorno 20
grammi", spiega ad AgroNotizie Franco Zuttioni, agricoltore friulano che
ha deciso di dedicare una parte del suo terreno alla coltura del goji: 150
piante con un sesto di impianto di 1,70x3,50.
"La mia idea non è quella di
dedicarmi solo al goji, ma usarlo come integrazione di reddito accanto a
colture tradizionali, come il mais, o innovative, come il bambù".
Le bacche di goji sono fusiformi,
di colore rosso intenso, lunghe 0,6-2 centimetri e dal diametro di circa
0,3-0,8 centimetri. La pianta può raggiungere i 3 metri di altezza e ha la
tendenza ad incespuglirsi, assumendo la forma di rovo.
Vive bene in ambienti temperati,
ma resiste anche a temperature di 15 gradi sotto zero.
E' una pianta rustica, che non ha
bisogno di particolari cure, ma teme i ristagni di acqua. Gli unici parassiti
che possono mettere a rischio la produzione, sono i molluschi terrestri
(lumache e chiocciole) capaci di mangiare in poco tempo l'intera chioma.
Trovare le piante di Lycium
barbarum ormai non è più una impresa. Molti vivaisti vendono questa pianta ma
bisogna prestare la massima attenzione alla qualità genetica: alle
caratteristiche di produttività e resistenza.
Se è possibile partire dai semi,
la via più semplice è acquistare piante di 1-2 anni, utilizzando poi i rami
potati successivamente dagli esemplari più produttivi per avere talee con cui
estendere la produzione. I rami da talea devono essere recisi tra fine agosto
ed inizio ottobre, facendo attenzione che nella parte che si interra ci siano
almeno due nodi e che nella parte superiore ci siano almeno quattro foglie.
La potatura è uno degli elementi
cruciali per chi vuole produrre bacche di goji. La pianta ha infatti la
tendenza ad incespuglirsi, con la crescita di rami che trasformano l'arbusto in
un rovo, rendendo quasi impossibile raccogliere i frutti. Per questo bisogna
fare la massima attenzione alla forma di allevamento.
In Cina, dove il goji si coltiva
da centinaia di anni, si fa crescere il fusto e a 60-80 centimetri da terra si
sviluppano i primi palchi, da cui poi ogni anno si origineranno i nuovi capi a
frutto. Mezzo metro più in alto ci saranno i palchi successivi e così via, fino
all'altezza massima della pianta.
"Ho comprato dal vivaista le
piantine e ho dedicato il primo anno alla costruzione dei palchi in modo da
avere una forma di allevamento che mi permettesse una raccolta agevole delle
bacche", spiega Zuttioni.
"Le piante adesso hanno due
anni e hanno già fatto i primi frutti, ma i volumi sono ancora molto bassi. A
partire dall'anno prossimo avrò il primo raccolto commercializzabile e tra 3-5
anni saremo in piena produzione".
La pianta di goji non ha bisogno
di particolari cure. Predilige terreni ben drenati e neutri, tendenti al basico
(pH 6.5-8.7). E' necessario provvedere all'irrigazione durante i primi 2-3 anni
di vita in modo da favorirne la crescita, successivamente si potrà anche
sospendere a meno di interventi di emergenza. Tuttavia i vivaisti consigliano
di continuare con l'irrigazione a goccia per avere rese al top.
Tra febbraio e marzo è bene
concimare il terreno, senza esagerare però con la componente azotata. Da luglio
ad ottobre-novembre invece si possono raccogliere le bacche. Mentre tra
novembre e gennaio è il momento giusto per la potatura.
Il goji fruttifica in maniera
continuativa da luglio ad ottobre-novembre, per cui si ha prodotto sempre
fresco da vendere. Se infatti il goji importato dalla Cina è essiccato, chi
produce in Italia può vendere le bacche fresche, le cui proprietà nutraceutiche
sono migliori. Non esiste un mercato di riferimento e i coltivatori come
Zuttioni si affidano alle conoscenze personali, ai rivenditori locali oppure al
web.
I prezzi medi si attestano sui 5
euro all'etto e una pianta produce in media cinque chili (ma può arrivare a tre
volte tanto) per un ricavo complessivo di 250euro a pianta, al netto degli
input produttivi.
Uno degli elementi da tenere in
considerazione prima di lasciarsi prendere dall'entusiasmo, è il tempo
necessario alla raccolta. Il goji infatti produce le bacche durante 4-5 mesi
(da luglio a novembre, a seconda del clima) e richiede dunque una attenzione
costante per cogliere le bacche quando sono mature.
Tradizionalmente la raccolta
viene effettuata a mano e richiede molto tempo, anche se sul mercato ci sono
dei raccoglitori automatici costruiti in Cina ad un prezzo basso, intorno ai
200 euro.
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