Negata la possibile autorizzazione alla coltivazione di
cinque nuovi prodotti transgenici. La risoluzione non è vincolante, ma è un
chiaro segnale alla Commissione europea.
Il Parlamento europeo dice no all'autorizzazione della
coltivazione di cinque nuovi prodotti Ogm. La risoluzione votata non è però
vincolante per la Commissione europea.
Tra i prodotti, troviamo il cotone resistente al glifosato.
Ribadita la richiesta di una riforma dell'intera procedura
di autorizzazione a livello europeo oggi bloccata dalle diverse posizioni degli
Stati membri. Continua l'impasse europea nel processo di autorizzazione Ogm.
No a cinque prodotti Ogm
Gli eurodeputati si sono opposti a una possibile
autorizzazione da parte della Commissione europea della coltivazione nell'Ue di
cinque prodotti Ogm: mais Bt11 e 1507, MON810 (semi e prodotti) e cotone
resistente al glifosato.
Tra i firmatari delle cinque risoluzioni non vincolanti, ma
che costituiscono un chiaro segnale politico rivolto all'esecutivo comunitario,
troviamo l'eurodeputata italiana Eleonora Evi (M5S). Gli altri firmatari sono
Bart Staes (belga, verde), Sirpa Pietikäinen (finlandese, popolare), Guilliaume
Balas (francese, socialista) e Lynn Boylan (irlandese, sinistra unita).
I motivi del no
Gli eurodeputati giudicano i mais di tipo Bt11 e 1507
potenzialmente pericolosi per alcune specie di farfalle e falene, e mettono in
discussione il concetto, introdotto dall'Autorità europea per la sicurezza
alimentare (Efsa), di una "mortalità locale accettabile" di alcune
specie di lepidotteri.
Inoltre, sempre secondo gli eurodeputati, la valutazione
dell'Efsa sui semi di mais MON810 manca di alcuni dati e la possibile
contaminazione incrociata di una pianta invasiva che trasporta la tossina
Bacillus thuringiensis (Bt), utilizzata come pesticida, potrebbe porre
"grandi rischi per gli agricoltori e per l'ambiente".
La risoluzione, infine, contesta il fatto che questi
prodotti Ogm sarebbero autorizzati all'interno dell'Ue dalla Commissione
europea senza il sostegno dei pareri dei comitati degli Stati membri, "una
procedura che avrebbe dovuto essere un'eccezione, ma è di fatto diventata la
norma".
Come funziona oggi l'autorizzazione Ogm in Europa
Le aziende che vogliono commercializzare prodotti
transgenici in Europa devono presentare domanda in primo luogo all'autorità
competente di uno Stato membro. Questa viene poi trasmessa all'Autorità europea
per la sicurezza alimentare (Efsa), che è responsabile della valutazione
scientifica del rischio sia ambientale sia per la salute umana e animale.
La valutazione del rischio è effettuata in stretta
collaborazione con gli organismi scientifici degli Stati membri.
Successivamente il parere è reso disponibile al pubblico e
viene avviata una consultazione pubblica che rimane aperta per un mese. Entro
tre mesi dal ricevimento del parere dell'Efsa, la Commissione europea prepara
una proposta di decisione di esecuzione per rilasciare o rifiutare l'autorizzazione
che viene trasmessa agli Stati membri e soggetta a votazione a maggioranza
qualificata.
Se il comitato permanente e il comitato d'appello non
riescono ad adottare la decisione a maggioranza qualificata entro un
determinato periodo di tempo, spetta alla Commissione adottare la decisione
finale.
Continua l'impasse europea nel processo di autorizzazione
Ogm
Le attuali autorizzazioni all'immissione in commercio di Ogm
vengono concesse sempre dalla Commissione europea in quanto gli Stati membri
non riescono mai a raggiungere la maggioranza qualificata in sede di Consiglio
Ue per bocciare o approvare un'autorizzazione.
La Commissione europea ha più volte esortato gli Stati
membri a trovare un accordo.
Il Parlamento europeo, dal canto suo, si è opposto
nell'ottobre 2015 a una normativa europea che avrebbe permesso a ogni Stato
membro di limitare o vietare, sul proprio territorio, la vendita e l'uso di
alimenti Ogm approvati a livello Ue, per evitare che una simile normativa si
riveli impraticabile o che porti alla reintroduzione dei controlli alle
frontiere tra i paesi pro e anti-Ogm.
In vigore, invece, la possibilità per gli Stati membri di
vietare la coltivazione di prodotti Ogm al proprio interno.
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