Nel 2015 grande performance per il mercato russo, seguito a
ruota da Stati Uniti e Norvegia. Il prodotto italiano sui mercati extra Ue ha
superato in valore quello sui mercati comunitari.
Il vino made in Italy è sempre più forte sui mercati dei
paesi terzi, dove l’export rappresenta il 56% del valore totale del vino italiano.
Secondo l’analisi dall’Osservatorio di Business Strategies e
Nomisma Wine Monitor, che ha studiato i dati import delle dogane confrontandoli
con le statistiche di Istat ed Eurostat, la richiesta di vino italiano dai
paesi extra Ue ha superato per la prima volta la domanda comunitaria di vino,
per un valore di 3 miliardi di euro, sui 5,35 totali di fatturato di export da
vino.
Se si prendono in considerazione i primi sette paesi buyer
(Usa, Svizzera, Canada, Russia, Giappone, Norvegia e Cina), a fronte di trend
più o meno invariati, i dati delle dogane registrano valori acquistati in
crescita del 20%, per un controvalore totale di +461 milioni di euro. Il
risultato migliore è quello sul mercato russo, con una crescita dell’import di
vino made in Italy del 154%, passando da 71 a 181 milioni di euro di prodotto
italiano importato. Cresce anche l’import del mercato Usa (+21%), mentre fa
ancora meglio un mercato potenzialmente davvero interessante, la Norvegia, con
un importante +32,2%.
“Questi dati confermano la vivacità della domande del nostro
vino nel mondo, in particolare sui mercati terzi – sottolinea Silvana Ballotta,
ceo di Business Strategies, società di consulenza per l’internazionalizzazione
del vino – Grazie all’attività di promozione, realizzata da 9 anni anche
attraverso gli strumenti comunitari dell’Ocm, le nostre esportazioni extra Ue
sono passate dal 2007 al 2015 dal 49% al 56%, rappresentando ora attualmente la
maggior parte delle vendite di vino italiano all’estero”.
“La differenza tra i due sistemi di rilevazione deriva dal
fatto che nel caso di Eurostat e Istat le merci riguardanti il commercio
vengono registrati secondo una metodologia chiamata Intrastat – spiega Denis
Pantini, responsabile di Wine Monitor Nomisma – In questo caso la differenza
principale sta nel rilevare come paese di importazione quello di provenienza e
non di origine, come invece le dogane”.
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