Dal +141 per cento di arachidi cinesi al 60 per cento di
peperoni turchi è’ invasione di cibi pericolosi, con le importazioni
dall’estero di prodotti stranieri pericolosi che nel 2015 hanno visto un vero e
proprio boom per praticamente tutte le categorie finite sotto accusa per
l’eccessiva presenza di residui chimici, micotossine, metalli pesanti,
contaminanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti. Ad affermarlo è
la Coldiretti che ha presentato “La classifica dei cibi più pericolosi” al
Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio ed
elaborato sulla base del Rapporto del Ministero della Salute sui sistema di
allerta europeo.
Nel 2015 gli arrivi di nocciole dalla Turchia, che si è
classificato come prodotto piu’ pericoloso con la presenza di aflatossine oltre
i limiti, sono aumentati in valore del 47 per cento, facendo segnare il valore
record di 295 milioni di euro, massimo storico, con un ulteriore balzo in
avanti dell’8 per cento nel primo semestre del 2016. Boom del 48 per cento, per
il tonno e il pesce spada spagnoli, la cui qualità è messa in forte dubbio dai
casi di eccessiva presenza di metalli pesanti. E’, invece, addirittura del 141
per cento l’incremento delle importazioni di arachidi dalla Cina, anche qui con
problemi di aflatossine e aumentano pure gli ingressi di peperoncino indiano,
nel mirino per i ripetuti allarmi da contaminazioni microbiologiche e pesticidi
con una crescita del 22 per cento sempre nel 2015. Ma salgono anche del 60 per
cento le importazioni di peperoni turchi e del 19 per cento quelle di fichi
secchi (aflatossine e pesticidi) sempre dal paese di Erdogan. Pure gli arrivi
di pistacchi dall’Iran aumentano del 9 per cento, nonostante i problemi di
aflatossine, così come salgono del 10 per cento quelli di pesce vietnamita,
dove si è riscontrata frequentemente la presenza di metalli pesanti.
Un flusso costante di arrivi tanto più inquietante, se si
considera che molti di questi prodotti vengono utilizzati come ingredienti
nelle preparazioni di cibi poi spacciati per Made in Italy senza che questo
venga riportato in etichetta. Da qui la necessità di continuare nel percorso di
trasparenza e introdurre l’etichetta d’origine obbligatoria su tutti gli
alimenti in commercio.
Ma occorre anche rendere finalmente pubblici i flussi
commerciali delle materie prime provenienti dall’estero, per far conoscere ai
consumatori i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri. Solo in
questo modo sarà possibile liåberare le imprese italiane dalla concorrenza
sleale delle produzioni straniere realizzate in condizioni di dumping sociale,
ambientale con rischi concreti per la sicurezza alimentare dei cittadini.
L’agricoltura italiana è la più green d’Europa con 285
prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp), il divieto all’utilizzo degli
Ogm e il maggior numero di aziende biologiche, ma è anche al vertice della
sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari
con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte
rispetto alla media europea (1,4%) e di oltre 14 volte quella dei prodotti
extracomunitari (5,7%).
Nessun commento:
Posta un commento