L'innovazione tecnologica offre opportunità sorprendenti.
Chi avrebbe mai pensato venti anni fa che avremmo tenuto in tasca un telefono
in grado di fare foto? Chi avrebbe mai immaginato di poter comprare online un
oggetto e riceverlo il giorno dopo per posta? L'innovazione ha cambiato
profondamente le nostre vite.
Un settore dove però fa fatica a diffondersi è quello
agroalimentare. Sono molti gli agricoltori riluttanti ad utilizzare le nuove
tecnologie, così come i consumatori, sempre più spaventati da quello che si
nasconde dietro ad una etichetta.
"Il cibo, da come viene prodotto a come viene mangiato,
è uno degli argomenti a cui le persone stanno più attente e per le imprese è
una vera sfida guadagnarsi la loro fiducia", spiega ad AgroNotizie durante
il World agri tech innovation summit di San Francisco Terry Fleck, direttore
del Center for food integrity, un'associazione statunitense di produttori,
commercianti e agricoltori che ha come scopo quello di aiutare il sistema
agroalimentare a guadagnarsi la fiducia dei consumatori.
Partiamo da uno degli argomenti più spinosi, gli Ogm. Negli
Stati Uniti c'è un acceso dibattito sul Crispr, di che cosa si tratta?
"La tecnologia Crispr apre nuove ed eccitanti
frontiere. Oggi abbiamo la possibilità di modificare il Dna di un essere
vivente con un livello di precisione che era impensabile fino a pochi anni fa.
Gli organismi così modificati non sono transgenici perché non inseriamo geni
provenienti da altre specie. Ci limitiamo a produrre in laboratorio, in tempi brevi,
in maniera economica e precisa, quello che potrebbe accadere naturalmente in
campo".
Per il mondo accademico il Crispr è una vera rivoluzione.
C'è però il rischio che questa tecnologia, molto complessa, non sia compresa
dall'opinione pubblica e sia assimilata agli Ogm transgenici e quindi
stigmatizzata?
"Il rischio c'è in Europa come negli Stati Uniti. Credo
che la soluzione non sia fare finta di nulla e sperare che l'opinione pubblica
non si mobiliti, quanto spiegare in maniera chiara i vantaggi che il Crispr può
portare alle famiglie americane in termini di qualità del cibo, prezzo e
impatto ambientale".
Non è facile però spiegare ad una casalinga perché gli Ogm
prodotti con il Crispr sono differenti...
"Noi non dobbiamo spiegare la tecnologia, ma i benefici
che possiamo ottenere, in agricoltura come nella vita umana. Parliamo di
maggiore produttività delle colture, maggiore tolleranza agli stress o alle
malattie. Prodotti che deperiscono più lentamente sugli scaffali e che quindi
riducono gli sprechi. Animali che si ammalano meno e che quindi hanno bisogno
di meno antibiotici. Ma anche l'essere umano, in futuro, potrà avvantaggiarsi
di queste tecnologie".
La chiave dunque è comunicare i benefici?
"Assolutamente sì, nel cibo come in agricoltura. Dobbiamo
spiegare ai farmers quali sono i vantaggi dell'agricoltura di precisione o di
nuove tecniche colturali".
Gli Stati Uniti sono sempre stati fortemente a favore degli
Ogm, negli ultimi anni però sta prendendo piede un movimento pro-biologico.
Come sta cambiando l'orientamento dell'opinione pubblica?
"In questi anni si sta affacciando sul mercato la
generazione dei millennial, i ragazzi e le ragazze che sono nati nell'era di
internet e del boom delle tecnologie. Sono consumatori attenti, che vogliono
essere informati e che vogliono capire quali benefici possono avere dagli Ogm.
E' a queste persone che noi dobbiamo parlare".
I consumatori oggi chiedono sempre più informazioni su ciò
che mangiano. La tracciabilità è un elemento essenziale. Secondo lei una azienda
deve fornire tutti i dati relativi ad un cibo oppure deve selezionare solo
quelli che sono importanti?
"Dagli studi che abbiamo fatto la maggior parte dei
consumatori è rassicurata dal fatto di avere accesso ad ogni aspetto di un
prodotto, magari attraverso un Qr code sull'etichetta. Nella maggioranza dei
casi non viene utilizzato, ma sapere che l'azienda è trasparente nel fornire le
informazioni crea di per sé un rapporto di fiducia".
La trasparenza e la tracciabilità possono aiutare le imprese
a fare meglio?
"Avere etichette trasparenti spinge le compagnie a
migliorare i propri prodotti. Si chiedono se un dato ingrediente sia necessario
o se possa essere sostituito con qualcosa di meglio. E questo aiuta tutto il
settore a fornire ai consumatori cibi più sani e nutrienti".
Studi condotti in Europa hanno dimostrato che le etichette
con scritto 'senza' qualcosa (glutine, olio di palma, additivi, ecc) sono
percepite come migliori, anche quando non ci sono fondamenti scientifici. Non
si rischia che le aziende per fare felici i consumatori rincorrano a queste
mode?
"Negli Stati uniti abbiamo la stessa identica tendenza.
Io credo che sia una questione di comunicazione: le aziende devono spiegare
perché c'è un dato ingrediente e perché è utile. Molti ad esempio evitano i
cibi che contengono conservanti senza rendersi conto che avere un cibo che non
deperisce è salutare".
Fonte: Agronotizie
Autore: Tommaso Cinquemani
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