Nei primi giorni di Maggio, con il mio amico Walter Monari
Direttore del Consorzio della Ciliegia di Vignola, abbiamo visitato una zona di
produzione di ciliegie posta a sud di Barcellona nella Valle dell’Ebro. Pensavo
di aver visto parecchio nel mondo, invece ho assistito a delle realtà
spaventosamente avanti sotto l’aspetto delle varietà e dei sistemi colturali
del ciliegio: onestamente inesistente l’attività promozionale e poco
entusiasmante quella commerciale.Quali altre indicazioni ho ricavato dal viaggio
in Spagna?
Ampiezza media delle aziende di ciliegio visitate 70 ettari.
Costi di manodopera pari a circa i 2/3 dei nostri.
Possiamo continuare a fare la battaglia sui prezzi e sulle
quantità? Direi proprio di no!
Quattro giorni in auto con una persona conosciuta nel mondo
per l’attività di promozione della ciliegia, uniti alla mia poca discrezione,
mi hanno fatto assistere ad una serie di colloqui telefonici con persone che
chiamavano da tutto il mondo: ero esterrefatto dalle rinunce a contratti con
prezzi che a me sembravano più che accettabili. La risposta alle mie domande
era “io non svendo il marchio prima che inizi la campagna”.
Come nostra abitudine, al ritorno, ci fermiamo in un
ipermercato in Francia: prezzo di una ciliegia Bigarreaux allo scaffale pari a
4,5 euro al kg ed era solo il 3 Maggio. Ci siamo detti sarà “una campagna
difficile”.
Torno a Bisceglie ed era da poco iniziata la campagna delle
ciliegie e dopo qualche giorno prime grosse difficoltà di prezzo per la
ciliegia Bigarreaux. Comincia la solita, classica guerra fra i poveri con
articoli sui giornali dove i produttori accusano i commercianti di fare
cartello sul prezzo, i commercianti dichiarano che il prodotto era guasto,
qualcuno si inventa che la soluzione dei problemi potrebbe essere una bella
promozione nei mercatini locali di vendita diretta che come è ampiamente noto
riescono a toccare anche la quota del 5% del venduto rispetto alla massa
prodotta.
Ogni giorno sento Walter Monari da Vignola per scambiarci
dati sui prezzi e due giorni fa mi dice: “È una campagna complessa, a Vignola
dal prodotto bellissimo oggi si ricavano solo 6 euro, da quello bello 5 euro e
da quello non bello 2,5/3 euro”. Io sto bleffando al rialzo quando racconto dei
nostri prezzi perché mi vergogno.
Ma questi di Vignola come fanno anche in una campagna
difficile a spuntare dei prezzi sensibilmente più alti dei nostri?
È pura fortuna o, forse, anni di attività promozionale, di
insistenza su un marchio unico territoriale servono a qualcosa?
Ho la sensazione che i prossimi giorni saranno disastrosi
per le nostre ciliegie.
Una lunga premessa nella descrizione di alcuni fatti per
andare a conclusioni che, probabilmente, in tanti hanno già capito.
Se la guerra ai nostri competitor non possiamo farla sulla
quantità, se non possiamo farla sui costi e poi non facciamo nulla sulle
politiche di valorizzazione e di promozione congiunta, allora la nostra
cerasicoltura rischia seriamente di morire.
Nel 2003 abbiamo costituito il Consorzio della Ciliegia di
Bisceglie con l’obiettivo di fare un semplice copia-incolla di quello di
Vignola, dove quasi tutto il prodotto viene commercializzato con un unico
marchio praticamente ignorando quello della cooperativa o del commerciante che
lo confeziona.
Abbiamo rivoluzionato il mercato inventandoci un sistema
informatizzato di aste all’olandese per tentare di intercettare la più vasta
platea di acquirenti garantendo un sistema di tutela della qualità di alto
livello.
Sono uscito esausto da un po’ di anni di lavoro
sull’argomento ed ho concluso che, da me per primo, non siamo ancora
culturalmente pronti per queste cose.
Tutti pensiamo ancora che la nostra etichetta è la migliore
del mondo, molti produttori si lasciano ancora ammaliare da un centesimo in più
spuntato per strada, gli operatori del mercato si lasciano convincere dalla
vendita del quotidiano e rinunciano ad un progetto a più lungo termine
sicuramente più faticoso, i tecnici (o presunti tali come me) preferiscono le
consulenze che danno redditi immediati.
Lo dico anche agli amici del sud barese che nemmeno ci hanno
provato: a mio parere non andiamo da nessuna parte!
Il progetto Consorzio della Ciliegia unico per la Puglia, il
progetto del binomio prodotto-territorio, è l’unico che può salvarci, ma tutta
la filiera deve dimenticare il passato e lavorare compatta ed all’unisono per
il futuro.
Agli amici commercianti, ed anche a quelli del sud barese,
mi permetto di dire che non basta avere la calibratrice più bella del mondo e,
forse, non è nemmeno molto simpatico fare freddamente il commercio ignorando il
territorio.
Non per noi stessi perché i risultati non li vedremo noi, ma
per lasciare qualcosa di serio ai nostri figli e non il solito “purtroppo il
sud è questo”.
Potremo lasciare delle bellissime aziende avviate, ma
l’emozione per una cosa fatta per tutta la filiera e che rimanga nel tempo non
ha prezzo!!
La Puglia produce il 40% delle ciliegie prodotte su scala
nazionale: dobbiamo lavorare immediatamente ad un progetto a MARCHIO CILIEGIE
DI PUGLIA nel quale tutti rinunciano alla nostra etichetta per uscire con un
marchio unico, controllato, garantito e che racconti la storia. I commercianti,
gli esportatori ne devono essere i primi promotori!!!!
Vi prego e prego tutti quanti: basta con le lamentale, basta
con i personalismi, basta con i corporativismi. Lavoriamo tutti insieme senza
schieramenti ed a fine di questa campagna convochiamo un incontro degli “stati
maggiori della ciliegia di Puglia” nel quale confrontarsi per un uscire con un
progetto condiviso.
Gianni Porcelli, presidente Consorzio Ciliegia di Bisceglie
e vicedirettore Confagricoltura Bari
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