Se la piantagione di fagioli di un agricoltore del Perù è
stata infestata da un parassita può qualcuno dal Kenya dargli il consiglio
giusto per risolvere il problema? E se volessi piantare una rara specie di
cipolle i cui semi sembrano introvabili sapresti a chi rivolgerti? Gli
agricoltori 2.0 conoscono la risposta.
Gli agricoltori preferiscono Facebook
Di questo 40%, gli under 35 rappresentano il 56%: più di un
quinto utilizza la piattaforma di Zuckerberg per la propria attività. Seguono
in coda Twitter con il 20%, Linkedin e Instagram rispettivamente con il 17% e
5%.
Insomma, questi agricoltori 2.0 sono giovani e hanno le
skill giuste per rimanere al passo coi tempi. Ma come coniugare new-media a
business prettamente legati a realtà locale e mansioni manuali? Ecco alcuni
esempi.
Noi la piantiamo, tu la raccogli
Un nobile esempio nostrano è la start-up Orto di Famiglia,
un progetto lanciato dal giovanissimo Stefano Caccavari, che ha deciso di
utilizzare i campi agricoli di famiglia, a pochi chilometri da Catanzaro, per
permettere a tutti di raccogliere con le proprie mani prodotti di stagione
biologici.
Il processo è molto semplice e il passaparola su Facebook
altrettanto necessario: si affitta un pezzo del terreno per una stagione, si
sceglie cosa far piantare e la famiglia Caccavari baderà al resto avvisando
l’interessato con tanto di tag e foto quando i prodotti sono pronti per la
raccolta.
Il peer-to-peer che combatte la fame
A mettere in contatto piccole realtà agricole in tutto il
mondo ci pensa WeFarm: una rete che connette agricoltori anche dalle regioni
più remote e povere dove la connessione non arriva.
Come funziona? Con il peer-to-peer. L’agricoltore invia un
sms che viene immediatamente postato online e rimandato sempre via messaggio a
membri selezionati che potranno a loro volta rispondere con i giusti consigli
usando il proprio cellulare.
A chi può connettersi non occorre l’uso dei messaggi e può
consultare indagini, statistiche e novità su tutto ciò che riguarda il mondo
della coltivazione direttamente sul blog.
Il seed-swap per un’agricoltura consapevole
Social network non solo per scambio d’informazioni ma anche
di semi. È il caso del seed-swap, un fenomeno made in USA ben noto ai farmers
più ortodossi che non vogliono portare in tavola frutta e verdura OGM e che
cercano di mantenere vive le biodiversità.
Si parte da realtà piccole come la Great American Seed Swap,
pagina Facebook creata da una giovane coppia della Louisiana dove cercare,
regalare o scambiare semi a livello locale, per arrivare al più solido Seed
Savers Exchange, un progetto ambizioso nato nel 1975 nel Missouri e divenuto un
vero e proprio colosso della conservazione, selezione e scambio di semi anche
rari e introvabili, che grazie a internet è riuscito a mettere in contatto
tutto il Paese.
Dunque, non solo gli Stati Uniti ma il mondo intero si
prepara a una vera e propria rivoluzione agricola. L’ennesimo miracolo dei
social network sembra essersi compiuto: mestieri e tradizioni destinati
all’abbandono riemergono portando, in alcuni casi, profitto laddove il processo
di modernizzazione sembrava aver subito una battuta d’arresto.
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