
Il testo riporta decine di grafici e molte indicazioni
sconosciute alla maggior parte dei consumatori.
La prima cosa da sapere è che la legge vieta la vendita di
olio allo stato fuso, e che al ristorante, come pure nelle mense e in tutti i
punti di ristoro, le bottiglie portate al tavolo devono avere il tappo antirabbocco.
Sull’etichetta deve comparire sempre l’origine dell’olio,
precisando se è ricavato da olive europee o non europee. In più il produttore
deve precisare quando le olive provengono da un Paese diverso da quello del
frantoio.
Un’altra cosa poco nota è che, tranne nel caso delle Dop,
sull’etichetta non si possono scrivere diciture riferite alla regione o alla
località (olio ligure, olio toscano, olio pugliese…).
Inoltre deve esserci la frase “olio d’oliva di categoria
superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti
meccanici”.
Più semplice è capire perché su tutte confezioni appaia la
raccomandazione di tenere la bottiglia di vetro al riparo della luce.
L’etichetta nutrizionale è obbligatoria e deve riportare: il
valore energetico in kJ e kcal, la quantità di grassi e acidi grassi saturi, di
carboidrati, di zuccheri, di proteine e di sale. Sono invece facoltative altre
diciture.
Gli oli extravergine e vergine possono avere altre diciture
che caratterizzano il prodotto.
Stiamo parlando di scritte come “prima spremitura a freddo”,
frase riferita a un sistema di estrazione tradizionale dotato di presse
idrauliche dove le olive sono spremute a una temperatura inferiore ai 27 °C.
La dicitura “estratto a freddo” si può impiegare quando si
usa un processo di percolazione o centrifugazione della pasta d’oliva a una
temperatura inferiore ai 27 °C.
Per quanto riguarda il valore dell’acidità (come pure per
l’indice di perossidi, il tenore in cere e l’assorbimento nell’ultravioletto)
l’indicazione dovrà essere riferita al valore presunto quando l’olio
raggiungerà la data indicata come termine minimo di conservazione.
Alcune etichette precisano la varietà (o le varietà)
dell’olivo. La specifica è ammessa quando il produttore è in grado di
dimostrare che l’olio proviene dalla varietà indicata come riportata sullo
Schedario oleicolo italiano.
Un altro aspetto interessante riguarda la possibilità di
riportare sull’etichetta le caratteristiche sensoriali.
La cosa è possibile solo per i lotti che hanno superato una
prova condotta da un “panel test” secondo un metodo previsto dalla Legge.
Il termine “fruttato” si riferisce a un olio che emana
sensazioni olfattive ottenuto da frutti sani e freschi senza predominanza del
fruttato verde o del fruttato maturo, percepite per via diretta e/o
retronasale.
Quando invece l’extravergine viene etichettato come “amaro”,
si tratta di un prodotto ottenuto da olive verdi o invaiate.
L’olio viene definito “piccante” quando dal gusto si avverte
una sensazione tattile di pizzicore caratteristica degli oli prodotti
all’inizio della campagna, principalmente da olive ancora verdi.
La scritta “equilibrato” si riferisce a un olio senza
squilibri.
“Dolce” infine è l’extravergine in cui la mediana dell’attributo
amaro e quella piccante nella prove sensoriali sono inferiori o uguali a 2.
Una pagina del dossier dell’Icqrf è dedicato alle scritte
vietate come “genuino” e ad altre frasi che, anche se veritiere, non sono
autorizzate come ad esempio “olive raccolte nelle colline laziali”.
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