“L’andamento dell’export agrumicolo spagnolo crea nuove
opportunità agli italiani sul mercato europeo ma per poterle cogliere occorre
fare massa critica e metterci tutti insieme a ragionare su una strategia di
sistema”.
Per Gerardo Diana presidente Comparto Agrumi di
Confagricoltura, non si può più ritardare la costituzione di un tavolo politico
e imprenditoriale per la costruzione di un piano agrumicolo italiano,
“altrimenti – spiega – il rischio è di vederci surclassati da altri competitor
come quelli del bacino del Mediterraneo o quelli che ruotano intorno al polo
commerciale asiatico sino-russo”.
Le elaborazioni del Centro Studi Confagricoltura su dati
Ismea ed Istat, ci rivelano che l’Italia ha una potenzialità commerciale
agrumicola anche superiore alla Spagna con 2,6 milioni di tonnellate all’anno
di cui 1,6 milioni tons di arance che, peraltro, è il prodotto che in Spagna
rallenta maggiormente.
“Il comparto agrumi – spiega Diana – può essere considerato
la Fiat del Sud se si riflette sul fatto che il valore della sua produzione è
di circa 972 milioni di euro, di cui 223 milioni dall’export. A questi,
inoltre, va sommato il miliardo di fatturato prodotto dall’industria di
trasformazione. Complessivamente il valore della produzione agrumicola nazionale
incide per l’8% sul valore dell’ortofrutta italiana e per il 2% su quello di
tutte le produzioni agricole. Il momento di un patto-agrumi vero e serio non
può essere più rinviato”.
Quali sono i principali punti da affrontare?
“Innanzitutto i costi di produzione che sono fuori mercato
rispetto a quelli spagnoli e a quelli degli altri Paesi emergenti ma poi è
anche fondamentale fare massa critica come già stanno facendo bene alcuni
produttori in Calabria e Sicilia. Questi esempi dimostrano alla nostra politica
che c’è un mondo imprenditoriale che ha voglia di investire e di conquistare
nuovi mercati e in questo va supportato tanto più che stiamo parlando di un
prodotto di altissima qualità”.
Come commenta il dato della campagna agrumicola spagnola?
“Sono incoraggianti perché ci rivelano che la Spagna sta
testando nuovi mercati nei Paesi terzi. Ma per sfruttare al meglio questa
opportunità dobbiamo organizzarci per evitare che lo spazio libero venga
occupato da altri”.
Come sta andando la campagna italiana?
“Volumi in aumento, con un 50% in più di arance ma le
pezzature sono piccole anche perché veniamo da tre anni di siccità di cui
l’ultimo disastroso. Questo ha stressato il mercato fino a febbraio, ma da
marzo in poi pensiamo in una ripresa per una conclusione ‘in pareggio'”.
Come affrontare, sul lungo periodo, il problema della
siccità?
“Attualmente, in Sicilia, gli invasi sono letteralmente
vuoti e stiamo usando l’acqua dei pozzi finché sarà disponibile. La politica
deve intervenire realizzando, ad esempio, nuove dighe. Ci sono progetti già
avviati, come quello sulla diga di Pietra Rossa, iniziata e bloccata per dei
ritrovamenti archeologici. Su quella diga i soldi sono stati parzialmente
trovati e sarebbe importante che i cantieri ripartissero prima possibile
considerato che ci vorranno tre anni per terminarla”.
Cosa c’è all’orizzonte dell’agrumicoltura italiana per
quanto riguarda il mercato globale”
“I nostri punti di riferimento non possono più essere Europa
e Stati Uniti. Ci sono nuovi blocchi commerciali, come quello cinese e russo,
che stanno diventando nuovi punti di riferimento per una parte di mondo e dai
quali rischiamo di rimanere esclusi senza una strategia”.
Si sono aperti nuovi mercati?
“Ci sono arrivate proposte dal distretto agrumi della
Polonia e gli agricoltori che hanno esportato si sono dichiarati soddisfatti”.
Sul fronte dell’innovazione ci sono delle novità?
“Nella mia azienda stiamo sperimentando una nuova tecnica di
irrigazione che dovrebbe evitarci di fare diserbi ma non abbiamo ancora i
risultati dei test”.
Autore: Mariangela Latella
Fonte: Corriere Ortofrutticolo
Nessun commento:
Posta un commento