Il 25 marzo 2018 un articolo del giornale francese “Le
Monde” titolava: “Il declino della biodiversità minaccia l’umanità”,
sottolineando che “in tutto il mondo il declino della biodiversità prosegue,
riducendo in maniera considerevole la capacità della natura di contribuire al
benessere delle popolazioni. Non agire per fermare questo processo significa
mettere in pericolo non solo il futuro che vogliamo ma anche la vita che
conduciamo oggi”. In sostanza l’articolo sintetizza l’avvertimento della
Piattaforma intergovernativa scientifica e politica sulla biodiversità e i
servizi eco-sistemici (IPBES), riunita dal 17 al 25 marzo a Medellin
(Colombia), per la sua 6° sessione plenaria.
La diversità biologica o “biodiversità” viene definita come
“la variabilità degli organismi degli ecosistemi marini, d’acqua dolce e
terrestri di cui essi fanno parte”, includendo in questo concetto la diversità
all’interno delle specie (diversità genetica), quella interspecifica (diversità
specifica) e quella ecosistemica (diversità ecologica). Il suolo è uno degli
ecosistemi più complessi in natura e uno degli habitat più variegati sulla
terra: esso contiene una miriade di organismi diversi, i quali favoriscono e
partecipano ai cicli globali che rendono possibile la vita. Sebbene il suolo
ospiti il maggior numero di comunità di organismi sulla Terra, tale
biodiversità rimane per la maggior parte ignota all’uomo poiché si trova sotto
la superficie del suolo, cioè sotto i piedi. Pochi grammi di terreno possono
contenere miliardi di batteri, centinaia di chilometri di ife fungine, decine
di migliaia di protozoi, migliaia di nematodi, alcune centinaia di insetti,
aracnidi, vermi e centinaia di metri di radici di piante.
La biodiversità del suolo è strettamente legata al contenuto
di sostanza organica e, a questo proposito, l’allarme lanciato dal suddetto
articolo diventa ancora più drammatico considerando proprio la conclamata
perdita di sostanza organica e, quindi, di biodiversità, che provoca la
degradazione del suolo stesso, interamente imputabile alle attività antropiche,
agricole ed extra-agricole.
Il 21,3% dei suoli del territorio nazionale è a rischio di
desertificazione (41,1% nel Centro e Sud Italia). La degradazione del suolo
avvenuta negli ultimi 40 anni ha provocato una diminuzione di circa il 30%
della capacità di ritenzione idrica dei suoli italiani, con un relativo
accorciamento dei tempi di ritorno degli eventi meteorici in grado di provocare
eventi calamitosi. Proprio a causa della gestione non sempre corretta del territorio,
il contenuto di sostanza organica è sceso sotto quella soglia del 2% ritenuta
indispensabile per assicurare una buona fertilità del suolo. In molti suoli il
contenuto di sostanza organica è ormai sotto l’1%. Inoltre, l’erosione del
suolo e supera mediamente di 30 volte il tasso di sostenibilità (erosione
tollerabile) e ci sono pochissimi studi a livello Europeo sulla stima del danno
economico causato in seguito alla perdita del suolo.
La degradazione del suolo causa anche un deterioramento di
altri eco-servizi come la qualità dei prodotti e del paesaggio.
E’ stato stimato che nel mondo circa 12 milioni di ettari di
terre coltivate sono distrutte e abbandonate ogni anno a causa di pratiche
agricole non sostenibili.
È sempre più evidente che l’intensificazione
dell’agricoltura non sostenibile (compresi i sistemi agricoli, forestali e
pastorali) sta avendo forti ripercussioni sulla salute umana e ambientale
in tutte le regioni del mondo. Ad esempio, negli Stati Uniti
le immense monocolture di soia e di mais sono i principali fattori di
distruzione della biodiversità.
Riprendendo e ampliando le conclusioni del su citato
articolo, si può affermare che fino ad oggi la biodiversità e la degradazione
del suolo sono stati considerati come una questione marginale, trattata con
disinvoltura dai responsabili governativi e politici. E’ più che mai urgente
porre la salvaguardia di ogni forma di vita e del suolo al centro della
politica. Non si esagera nel dire che, più o meno nel lungo periodo, è una
questione di sopravvivenza.
Autore: Marcello Pagliai
Fonte: Accademia dei Georgofili
Nessun commento:
Posta un commento